VII DOMENICA DEL T.O. (Anno A) – Matteo 5,38-48.  “Ma Io vi dico…”

a cura di Giovanna Busolini

(Sottolineature, grassetti e note sono i miei. Immagini tratte dal Web.)

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Prima Lettura

Ama il tuo prossimo come te stesso.

Dal libro del Levìtico
Lv 19,1-2.17-18

Il Signore parlò a Mosè e disse:
«Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.
Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

Salmo Responsoriale

Dal Sal 102 (103)

R. Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe. R.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. R.

Seconda Lettura

Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1 Cor 3,16-23
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Vangelo

Amate i vostri nemici.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,38-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Carissimi,

visto che questo Vangelo di Matteo è già stato riportato nei testi di domenica scorsa, vi trasmetto il seguito del quarto Discorso della Montagna, alla luce delle rivelazioni a Maria Valtorta, riguardo a come si deve fare la preghiera e il digiuno e che in parte si riferisce ancora allo spergiuro.  Questa catechesi si trova in altri versetti del Vangelo, che ritroveremo in seguito nel corso dell’anno.

Maria Valtorta,  L’Evangelo come mi è stato rivelato, 172

( Poema: III, 32), ed. CEV.

26 maggio 1945.

Continua il discorso sulla Montagna.

[…] “Non fate come gli ipocriti che quando pregano amano stare a pregare nelle sinagoghe o sugli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini e lodati come uomini pii e giusti mentre poi, nell’interno delle famiglie, sono colpevoli verso Dio e verso il prossimo. Non riflettete che questo è come uno spergiuro? Perché voi volete sostenere ciò che vero non è allo scopo di conquistarvi una stima che non meritate? La orazione ipocrita ha lo scopo di dire: “In verità io sono un santo. Lo giuro agli occhi di chi mi vede e che non possono mentire di vedermi pregare”. Velo steso sulla malvagità esistente, la preghiera fatta con simili scopi diviene una bestemmia.

Lasciate che Dio vi proclami santi, e fate che tutta la vostra vita gridi per voi: “Ecco un servo di Dio “. Ma voi, ma voi, per carità di voi, tacete. Non fate della vostra lingua, mossa dalla vostra superbia, un oggetto di scandalo agli occhi degli angeli. Meglio sarebbe diveniste sull’istante muti se non avete la forza di comandare all’orgoglio e alla lingua, autoproclamandovi giusti e gradevoli a Dio. Lasciate ai superbi e ai falsi questa povera gloria! Lasciate ai superbi e ai falsi questa effimera ricompensa. Povera ricompensa! Ma è quale la vogliono, e non ne avranno altra perché più di una non se ne può avere. O quella vera, del Cielo, e che è eterna e giusta. O quella non vera, della terra, che dura quanto la vita dell’uomo e anche meno e che poi, essendo ingiusta, è pagata, oltre la vita, con una ben mortificante punizione.

Udite come dovete pregare e col labbro e col lavoro e con tutto voi stessi, per impulso del cuore che ama, sì, Dio, e Padre lo sente, ma che anche sempre ricorda chi è il Creatore e che è la creatura, e sta con amore riverenziale al cospetto di Dio, sempre, sia che òri o che traffichi, sia che cammini o che riposi, sia che guadagni o che benefichi. Per impulso del cuore, ho detto. E’ la prima ed essenziale qualità. Perché tutto viene dal cuore, e come è il cuore tale è la mente, tale la parola, lo sguardo, l’azione.

L’uomo giusto dal suo cuore di giusto trae fuori il bene, e più ne trae più ne trova, perché il bene fatto procrea novello bene, così come il sangue che si rinnovella nel circolo delle vene e torna al cuore arricchito di sempre nuovi elementi, tratti dall’ossigeno che ha assorbito e dal succo dei cibi che ha assimilato. Mentre il perverso dal suo buio cuore pieno di frode e di veleni non può che trarre frode e veleno, che sempre più si accrescono, corroborati come sono dalle colpe che si accumulano, come nel buono dalle benedizioni di Dio che si accumulano. Credete pure che è l’esuberanza del cuore quella che trabocca dalle labbra e si rivela nelle azioni.

Voi fatevi un cuore umile e puro, amoroso, fiducioso, sincero; amate Dio col pudico amore che ha una vergine per lo sposo. In verità vi dico che ogni anima è una vergine sposata all’eterno Amatore, a Dio Signor nostro; questa terra è il tempo del fidanzamento nel quale l’angelo dato a custode di ogni uomo è lo spirituale paraninfo, e tutte le ore della vita e le contingenze della vita altrettante ancelle che preparano il corredo nuziale. L’ora della morte è l’ora delle nozze compiute e allora viene la conoscenza, l’abbraccio, la fusione, e con veste di sposa compiuta l’anima può alzare il suo velo e gettarsi nelle braccia del suo Dio senza che per amare così lo Sposo possa indurre altri allo scandalo.

Ma per ora, o anime ancora sacrificate nel laccio del fidanzamento con Dio, quando volete parlare allo Sposo, mettetevi nella pace della vostra dimora, e soprattutto nella pace della vostra dimora interiore, e parlate, angelo di carne fiancheggiato dall’angelo custode, al Re degli angeli. Parlate al Padre vostro nel segreto del vostro cuore e della vostra stanza interiore. Lasciate fuori tutto quanto è mondo: e la smania di essere notati e quella di edificare, e gli scrupoli delle lunghe preghiere colme di parole, parole, parole e monotone, e tiepide e scialbe d’amore. Per carità! Liberatevi dalle misure nel pregare. In verità vi sono alcuni che sprecano più e più ore in un monologo ripetuto con le labbra sole, e che è un vero soliloquio perché neppur l’angelo custode lo ascolta, tanto è rumore vano che egli cerca di rimediare sprofondandosi di suo in ardente orazione per il suo stolto custodito. In verità vi sono alcuni che non userebbero quelle ore diversamente neppure se Dio apparisse loro dicendo: “La salute del mondo dipende dal tuo lasciare questa loquela senz’anima per andare, magari, semplicemente ad attingere dell’acqua ad un pozzo ed a spargere quell’acqua al suolo per amore di Me e dei tuoi simili”. In verità vi sono alcuni che credono più grande il loro monologo all’atto cortese di accogliere un visitatore o a quello caritativo di soccorrere un bisognoso. Sono animi caduti nell’idolatria della preghiera.

La preghiera è azione d’amore. E amare si può tanto orando che facendo il pane, tanto meditando che assistendo un infermo, tanto compiendo pellegrinaggio al Tempio che accudendo alla famiglia, tanto sacrificando un agnello quanto sacrificando i nostri anche giusti desideri di raccogliersi nel Signore. Basta che uno intrida tutto se stesso e ogni sua azione nell’amore. Non abbiate paura! Il Padre vede. Il Padre comprende. Il Padre ascolta. Il Padre concede. Quante grazie non sono date anche per un solo, vero, perfetto sospiro d’amore! Quanta abbondanza per un sacrificio intimo fatto con amore. Non siate simili ai gentili. Dio non ha bisogno che gli diciate ciò che deve fare perché voi ne abbisognate. Ciò possono dirlo i pagani ai loro idoli che non possono intendere. Non voi a Dio, al vero, spirituale Iddio che non è solo Dio e Re, ma è Padre nostro e sa, prima ancora che voi glielo chiediate, di che avete bisogno.

Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e verrà aperto a chi picchia. Quando un figlio vostro vi tende la manina dicendovi: “Padre, ho fame”, gli date forse un sasso? Gli date un serpente se vi chiede un pesce? No, anzi che date pane e pesce, ma inoltre date carezza e benedizione, perché è dolce ad un padre nutrire la sua creatura e vederne il sorriso felice. Se dunque voi di imperfetto cuore sapete dare buoni doni ai vostri figli solo per l’amore naturale, comune anche all’animale verso la prole, quanto più il Padre vostro che è nei Cieli concederà a coloro che gliele chiedono le cose buone e necessarie al loro bene. Non abbiate paura di chiedere e non abbiate paura di non ottenere!

Però -ecco che Io vi metto in guardia contro un facile errore- però non fate come i deboli nella fede e nell’amore, i pagani della religione vera -perché anche fra i credenti vi sono pagani la cui povera religione è un groviglio di superstizioni e di fede, un manomesso edificio in cui si sono infiltrate erbe parassitarie d’ogni specie, al punto che esso si sgretola e cade in rovina- i quali, deboli e pagani, sentono morire la fede se non si vedono esauditi. Voi chiedete. E vi pare giusto di chiedere. Infatti per quel momento non sarebbe neanche ingiusta quella grazia. Ma la vita non termina in quel momento. E ciò che è bene oggi può essere non bene domani. Voi questo non lo sapete, perché voi sapete solo il presente, ed è una grazia di Dio anche questa. Ma Dio conosce anche il futuro. E molte volte per risparmiarvi una pena maggiore vi lascia non esaudita una preghiera. Nel mio anno di vita pubblica più di una volta ho sentito dei cuori gemere: “Quanto ho sofferto allora, quando Dio non mi ha ascoltato. Ma ora dico: ‘Fu bene così perché quella grazia mi avrebbe impedito di giungere a quest’ora di Dio’.”

Altri ho sentito dire e dirmi: “Perché, Signore, non mi esaudisci? A tutti lo fai, e a me no?”.

E pur avendo dolore di veder soffrire ho dovuto dire: “Non posso”, perché l’esaudirli avrebbe voluto dire mettere un intralcio al loro volo alla vita perfetta.

Anche il Padre delle volte dice: “Non posso”. Non perché non possa compiere l’atto immediato. Ma perché non lo vuole compiere per conoscenza delle conseguenze future. Udite. Un bambino è malato alle viscere. La madre chiama il medico e il medico dice: “Per guarire occorre digiuno assoluto”. Il bambino piange, strilla, supplica, pare languire. La madre, pietosa sempre, unisce i suoi lamenti a quelli del figlio. Le pare durezza del medico quel divieto assoluto. Le pare che possa nuocere al figlio quel digiuno e quel pianto. Ma il medico resta inesorabile. Infine dice: “Donna, io so, tu non sai. Vuoi perdere tuo figlio o vuoi che io te lo salvi?”. La madre urla: “Voglio che egli viva!”. “E allora” dice il medico “io non posso concedere cibo. Sarebbe la morte”.

Anche il Padre dice così, delle volte. Voi, madri pietose del vostro io, non lo volete sentire piangere per negata grazia. Ma Dio dice: “Non posso. Sarebbe il tuo male”. Viene il giorno, o viene l’eternità, in cui si giunge a dire: “Grazie, mio Dio, di non avere ascoltato la mia stoltezza!”.

Quanto ho detto per l’orazione dico per il digiuno. Quando digiunate non prendete un’aria melanconica come usano gli ipocriti, che ad arte si sfigurano la faccia acciò il mondo sappia e creda, anche se vero non è, che essi digiunano. Anche essi hanno già avuto, con la lode del mondo, la loro mercede e non ne avranno altra. Ma voi, quando digiunate, prendete un’aria lieta, lavatevi a più acque il volto perché appaia fresco e liscio, ungetevi la barba e profumatevi le chiome, abbiate il sorriso del ben pasciuto sulle labbra. Oh! che in verità non vi è cibo che pasca quanto l’amore! E chi fa digiuno con spirito d’amore, di amore si nutre! In verità vi dico che se anche il mondo vi dirà “vanitosi” e “pubblicani”, il Padre vostro vedrà il vostro segreto eroico e ve ne darà doppia ricompensa. E per il digiuno, e per il sacrificio di non essere lodati per esso. Ed ora andate a dare cibo al corpo dopo che l’anima fu nutrita. Quei due poverelli restino con noi. Saranno gli ospiti benedetti che daranno sapore al nostro pane. La pace sia con voi».