XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) – Luca 18,1-8 – Il Giudice iniquo.

 

a cura di Giovanna Busolini

(Sottolineature, grassetti e note sono i miei. Immagini tratte dal Web.)

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Prima Lettura

Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.

Libro dell’Esodo 17,8-13. 

In quei giorni, Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim.
Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio”.
Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek.
Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 120 (121)

R. Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele. R.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte. R.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. R.

Seconda Lettura

L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
2 Tm 3,14 – 4,2  

Carissimo, rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso
e che fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia,
perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno:
annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina.

Vangelo

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: 

«C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. 
In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. 
Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». 
E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. 
E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare?  Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». 

Carissimi,

nel Vangelo di Luca di questa domenica, oltre alla famosa parabola del “Giudice iniquo“, troviamo una frase molto emblematica che Gesù pronunciò a conclusione del suo sermone. Domanda che sembrerebbe non avere alcuna attinenza con gli insegnamenti della parabola: Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?

Se leggiamo ora quello che ci propone il testo valtortiano a questo riguardo, tutto sarà chiaro e capiremo anche quanto la frase di Gesù sia assolutamente pertinente col Suo insegnamento…

E se vogliamo capire ancor meglio, leggiamo questa lezione sulla preghiera che Gesù ci dà per meglio aiutarci a credere e nel frattempo risponde anche alla sua domanda:

Da I Quaderni del 1943, 22 luglio.

Dice Gesù:

«La speranza vive dove vive la fede. La disperazione che conduce alla morte tante anime oggi ha per presupposto la mancanza di una fede vera. Infatti colui che ha fede vera, chiede con tale insistenza che ottiene.

Ma quando vedete che una preghiera resta non ascoltata, pensate pure che è viziata nella richiesta o viziata nella fede. Se è viziata nella richiesta, allora Io, che so, non vi concedo quanto vi darebbe la felicità d’un istante e il dolore per tutto il resto della vita terrena, e talora potrebbe darvi anche pene nell’altra per il malo uso che voi potreste fare del mio dono. Se è viziata nella fede, allora Io non la sento e non l’ascolto.

Il mondo non ha più fede e perciò non ha più speranza. Il mondo non crede che Dio è Padre onnipotente. Il mondo non crede che Dio è Padre amoroso. Se sapesse il mondo come è doloroso per Me non potervi aiutare sempre e non potere sempre farvi felici!

Io vorrei che i miei figli fossero tanto miei da avere solo pensieri santi e sante domande da fare al Padre, che allora le ascolterebbe sempre, sempre, sempre. Non le concederebbe sempre, ma le ascolterebbe sempre, e quando non potesse dare a un figlio ciò che un figlio chiede, sostituirebbe il dono non dato per ragioni di divina intelligenza, con cento altri conforti più grandi ancora.

Tu ne sai qualcosa, tu che sei giunta alla Fede vera nel Dio e Padre tuo. Ma se mediti bene il motivo base della morte della fede e della speranza, tu vedi che esso è la mancanza di carità.

Dio non è amato. Non dai cristiani solo di nome, ma da quelli che paiono essere cristiani ferventi. Paiono, ma non sono tali. Molte pratiche religiose, molte preghiere, ma le une e le altre superficiali, fatte e compiute più per superstizione che per religione. Temono in molti che se non è detto quel dato numero dì preghiere, che se non sono fatte quelle date funzioni, Dio li punisca, anzi – lasciano da parte Dio – non vadano bene le loro faccende. Egoismo anche in questo.

Non hanno capito cosa è l’amore del Padre verso i figli e dei figli verso il Padre. Dio è, credono che sia. Ma così lontano, astratto… che è come non ci fosse. Dio lo credono non solo lontano, ma arcigno e avaro. Dio lo credono seminatore di punizioni.

No. Il vostro Dio è sempre presso a voi. Non è Lui che si allontana, siete voi. Non è Lui che è avaro e arcigno, siete voi. Non è Lui che chiude le porte delle grazie, siete voi. Le chiudete col vostro non avere fede e amore e speranza in Lui.

Ma venite, poveri figli, venite a Me che ardo del desiderio di farvi felici. Venite a Me che mi accoro per non potervi stringere al seno e asciugarvi il pianto. Venite dall’Unico che vi dia bene e pace, e amore vero e eterno.

Vivere presso a Me è gioia anche nel dolore. Morire con Me vicino è passare nella gioia. Chi si affida a Me non deve avere paura di nulla sulla terra e di nulla nell’eternità, perché a chi mi è vero figlio Io apro un cuore di vero Padre pieno di comprensione e di perdono.»

 Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, 505,5-6 

(Poema: VII, 202), ed. CEV.

[…]  5 Guarda la gente che si è radunata, un centinaio circa di persone, e dice: « Ascoltate questa parabola che vi dirà il valore della preghiera costante.

Voi lo sapete ciò che dice il Deuteronomio parlando dei giudici e dei magistrati[2]  Essi dovrebbero essere giusti e misericordiosi ascoltando con equanimità chi ricorre a loro, pensando sempre di giudicare come se il caso che devono giudicare fosse un loro caso personale, senza tener conto di donativi o minacce, senza riguardi verso gli amici colpevoli e senza durezze verso coloro che sono in urto con gli amici del giudice. Ma se sono giuste le parole della Legge, non sono altrettanto giusti gli uomini e non sanno ubbidire alla Legge. Così si vede che la giustizia umana è sovente imperfetta, perchè rari sono i giudici che sanno conservarsi puri da corruzione, misericordiosi, pazienti verso i ricchi come verso i poveri, verso le vedove e gli orfani come lo sono verso quelli che non sono tali.

LA PARABOLA DEL GIUDICE INIQUO[1]

In una città c’era un giudice molto indegno del suo ufficio, ottenuto per mezzo di potenti parentele. Egli era oltremodo ineguale nel giudicare, essendo sempre propenso a dar ragione al ricco e al potente, o a chi da ricchi e potenti era raccomandato, oppure verso chi lo comperava con grandi donativi. Egli non temeva Dio e derideva i lagni del povero e di chi era debole perché solo e senza potenti difese. Quando non voleva ascoltare chi aveva così palesi ragioni di vittoria contro un ricco da non poter dare ad esso torto in nessuna maniera, egli lo faceva cacciare dal suo cospetto minacciandolo di gettarlo in carcere. E i più subivano le sue violenze ritirandosi sconfitti, e rassegnati alla sconfitta prima ancora che la causa fosse discussa.

Ma in quella città c’era pure una vedova carica di figli, la quale doveva avere una forte somma da un potente per dei lavori eseguiti dal suo defunto sposo al ricco potente. Essa, spinta dal bisogno e dall’amore materno, aveva cercato di farsi dare dal ricco la somma che le avrebbe concesso di saziare i suoi figli e vestirli nel prossimo inverno. Ma tornate vane tutte le pressioni e suppliche fatte al ricco, si rivolse al giudice.

Il giudice era amico del ricco il quale gli aveva detto: “Se tu mi dài ragione un terzo della somma è tuo”. Perciò fu sordo alle parole della vedova che lo pregava.: “Rendimi giustizia del mio avversario. Tu vedi se io ne ho bisogno. Tutti possono dire se ho diritto a quella somma”. Fu sordo e la fece cacciare dai suoi aiutanti. Ma la donna tornò una, due, dieci volte, alla mattina, a sesta, a nona, a sera, instancabile. E lo seguiva per via gridando:

“Fammi giustizia. I miei figli hanno fame e freddo. Né io ho denaro per acquistare farina e vesti”. Si faceva trovare sulla soglia della casa del giudice quando questi vi tornava per sedersi a tavola coi suoi figli. E il grido della vedova: “Fammi giustizia del mio avversario ché ho fame e freddo insieme alle mie creature” penetrava sino nell’interno della casa, nella stanza dei pasti, nella camera da letto durante la notte, insistente come il grido di un’upupa: “Fammi giustizia, se non vuoi che Dio ti colpisca! Fammi giustizia. Ricorda che la vedova e gli orfani sono sacri a Dio e guai a chi li conculca! Fammi giustizia se non vuoi soffrire un giorno ciò che noi soffriamo. La nostra fame! Il nostro freddo lo troverai nell’altra vita se non fai giustizia. Misero te! “

Il giudice non temeva Dio e non temeva il prossimo. Ma di esser sempre molestato, di vedersi divenuto oggetto di risa da parte di tutta la città per la persecuzione della vedova, e anche oggetto di biasimo, era stanco. Per questo un giorno disse fra sè:

Per quanto io non tema Dio né le minacce della donna, né il pensiero dei cittadini, pure, per porre fine a tanta molestia, darò ascolto alla vedova e le farò giustizia obbligando il ricco a pagare. Basta che essa non mi perseguiti più e mi si levi d’intorno”. E chiamato l’amico ricco gli disse: “Amico mio, non è più possibile che io ti contenti. Fa’ il tuo dovere e paga, perché io non sopporto più di essere molestato per causa tua. Ho detto”. E il ricco dovette sborsare la somma secondo giustizia.

       6Questa è la parabola. Ora a voi applicarla.

       Avete sentito le parole di un iniquo: “Per porre fine a tanta molestia darò ascolto alla donna”. Ed era un iniquo. Ma Dio, il Padre buonissimo, sarà forse inferiore al cattivo giudice? Non farà giustizia a quei suoi figli che lo sanno invocare giorno e notte? E farà loro tanto attendere la grazia sino a che la loro anima accasciata cessi di pregare? Io ve lo dico: prontamente farà loro giustizia perché la loro anima non perda la fede. Ma bisogna però anche saper pregare, senza stancarsi dopo le prime orazioni, e saper chiedere cose buone. E anche affidarsi a Dio dicendo: “Però sia fatto ciò che la tua Sapienza vede per noi più utile”.

Abbiate fede. Sappiate pregare con fede nella preghiera e con fede in Dio vostro Padre. Ed Egli vi farà giustizia contro coloro che vi opprimono. Siano essi uomini o demoni, malattie o altre sventure. La preghiera perseverante apre il Cielo, e la fede salva l’anima in qual che sia il modo che la preghiera sia ascoltata ed esaudita. Andiamo!»

E si avvia all’uscita. E’ quasi fuori dalla cinta quando alzando il capo ad osservare i pochi che lo seguono, e i molti indifferenti od ostili che lo guardano da lontano, esclama tristemente: «Ma quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà forse ancora della fede sulla Terra?» e sospirando si avvolge più strettamente nel suo mantello, camminando a grandi passi verso il borgo di Ofel.

[1] Scritto il 27 settembre 1946

[2] vedi: Deuteronomio 16, 18-20