XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) – (Lc 16,1-13) – La parabola dell’Amministratore disonesto.

a cura di Giovanna Busolini

(Sottolineature, grassetti e note sono i miei. Immagini tratte dal Web).

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PRIMA LETTURA (Am 8,4-7)

Dal libro del profeta Amos

Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

Salmo Responsoriale
Dal Sal 112 (113)

R. Benedetto il Signore che rialza il povero.

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre. R.

Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra? R.

Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo. R.

SECONDA LETTURA

(1Tm 2,1-8)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.
Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

VANGELO

(Lc 16,1-13)

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Carissimi tutti,

anche in questa XXV domenica del Tempo Ordinario, il Vangelo di Luca ci presenta una parabola molto istruttiva, anche se di difficile comprensione. Da una lettura superficiale si potrebbe infatti pensare che Gesù lodi una persona disonesta, il che è ovviamente impossibile.

Andiamo allora a leggere quello che ci spiegano i testi valtortiani a questo riguardo e vediamo di comprendere che cosa veramente Gesù voleva insegnare ai suoi ascoltatori.

Trattandosi di un capitolo molto lungo, riporto solo l’antefatto e la parte centrale del discorso di Gesù, con la parabola dell’Amministratore disonesto.

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato. [381.3-5], ed. CEV.

[…] 3Poi [Gesù] inizia a parlare.

«Bello sarebbe se l’uomo fosse perfetto come lo vuole il Padre dei Cieli. Perfetto in ogni suo pensiero, affetto, atto. Ma l’uomo non sa essere perfetto e usa male i doni di Dio, il quale ha dato all’uomo libertà di agire, comandando, però, le cose buone, consigliando le perfette, acciò l’uomo non potesse dire: “Io non sapevo”.

Come usa l’uomo della libertà che Dio gli ha data? Come potrebbe usarne un bambino nella gran parte dell’umanità, o come uno stolto, o anche come un delinquente, nelle altre parti. Ma poi viene la morte, e allora l’uomo è soggetto al Giudice che chiederà severo: “Come usasti e abusasti di ciò che ti avevo dato?”. Tremenda domanda! Come allora men che festuche di paglia appariranno i beni della Terra, per i quali così spesso l’uomo si fa peccatore! Povero di una miserabilità eterna, nudo di una veste che nulla può surrogare, starà avvilito e tremante davanti alla maestà del Signore, né troverà parola per giustificarsi. Perché sulla Terra è facile giustificarsi, ingannando i poveri uomini. Ma in Cielo ciò non può accadere. Dio non si inganna. Mai. E Dio non scende a compromessi. Mai.

Come allora salvarsi? Come fare servire tutto a salvezza, anche ciò che è venuto dalla Corruzione che ha insegnato i metalli e le gemme come strumenti di ricchezza, che ha acceso smanie di potere e appetiti di carne? Non potrà allora l’uomo, che per povero che sia può sempre peccare desiderando smoderatamente oro, cariche e donne – e talora diviene ladro di queste cose per avere ciò che il ricco aveva – non potrà allora l’uomo, ricco o povero che sia, salvarsi mai? Sì che può. E come? Sfruttando le dovizie per il Bene, sfruttando la miseria per il Bene. Il povero che non invidia, non impreca e non attenta a ciò che è d’altri, ma di ciò che ha si contenta, sfrutta il suo umile stato per averne santità futura e, in verità, la maggioranza dei poveri sa fare questo. Meno lo sanno fare i ricchi, per i quali la ricchezza è un continuo tranello di Satana, della triplice concupiscenza.

 La parabola dell’amministratore disonesto.

4Ma udite una parabola e vedrete che anche i ricchi possono salvarsi pur essendo ricchi, o riparare ai loro errori passati coll’uso buono delle ricchezze anche se male acquistate. Perché Dio, il Buonissimo, lascia sempre molti mezzi ai suoi figli perché si salvino.

C’era dunque un ricco il quale aveva un fattore. Alcuni, nemici di questo perché invidiosi del buon posto che aveva, oppure molto amici del ricco e perciò premurosi del suo benessere, accusarono il fattore al suo padrone: “Egli dissipa i tuoi beni. Se ne appropria. Oppure trascura di farli fruttare. Sta’ attento! Difenditi!”.

Il ricco, udite le ripetute accuse, comandò al fattore di comparirgli davanti. E gli disse: “Di te mi è stato detto questo e quello. Come mai hai agito in tal modo? Dammi il rendiconto della tua amministrazione perché non ti permetto più di tenerla. Non posso fidarmi di te e non posso dare un esempio di ingiustizia e di supinità che indurrebbe i conservi ad agire come tu hai agito. Va’ e torna domani con tutte le scritture, che io le esamini per rendermi conto della posizione dei miei beni prima di darli ad un nuovo fattore”.

E licenziò il fattore, che se ne andò pensieroso dicendo fra sé: “E ora? Come farò ora che il padrone mi leva la fattoria? Economie non ne ho perché, persuaso come ero di farla franca, tanto usurpavo tanto godevo. Mettermi come contadino e sottoposto non mi va perché sono disusato al lavoro e appesantito dai bagordi. Chiedere l’elemosina mi va meno ancora. Troppo avvilimento! E che farò?”.

Pensa e pensa, trovò modo di uscire dalla penosa situazione. Disse: “Ho trovato! Con lo stesso mezzo come mi sono assicurato un bel vivere fino ad ora, d’ora in poi mi assicurerò amici che mi ospiteranno per riconoscenza quando non avrò più la fattoria. Chi benefica ha sempre amici. Andiamo dunque a beneficare per essere beneficato e andiamoci subito, prima che la notizia si sparga e sia troppo tardi”.

E andato dai diversi debitori del suo padrone disse al primo: “Quanto devi tu al mio padrone per la somma che ti prestò alla primavera di tre anni fa?”.

E l’interrogato rispose: “Cento barili d’olio per la somma e gli interessi”.

“Oh! poverino! Tu, così carico di prole, tu afflitto da malattie nei figli, dover dare tanto?! Ma non ti dette per un valore di trenta barili?”.

“Sì. Ma avevo bisogno subito e lui mi disse: ‘Te lo do. Ma a patto che tu mi dia quanto la somma ti frutta in tre anni’. Mi ha fruttato per un valore di cento barili. E li devo dare”.

“Ma è un’usura! No. No. Lui è ricco e tu sei appena fuori della fame. Lui è con poca famiglia e tu con tanta. Scrivi che ti ha fruttato per cinquanta barili e non ci pensare più. Io giurerò che ciò è vero. E tu avrai benessere”.

“Ma non mi tradirai? Se lo viene a sapere?”.

“Ti pare? Io sono il fattore, e ciò che giuro è sacro. Fa’ come ti dico e sii felice”.

L’uomo scrisse, consegnò e disse: “Te benedetto! Mio amico e salvatore! Come compensarti?”.

“Ma in nessun modo! Vuol dire che, se per te avessi a soffrire ed essere cacciato, tu mi accoglierai per riconoscenza”.

“Ma certo! Certo! Contaci pure”.

Il fattore andò da un altro debitore, tenendo su per giù lo stesso discorso. Costui doveva rendere cento staia di grano, perché per tre anni la secca aveva distrutto le sue biade e aveva dovuto chiederne al ricco per sfamare la famiglia.

“Ma non ci pensare a raddoppiare ciò che ti ha dato! Negare il grano! Esigerne il doppio da uno che ha fame e figli, mentre il suo tarla nei granai perché ce ne è in esuberanza! Scrivi ottanta staia”.

“Ma se si ricorda che me ne ha date venti e venti e poi dieci?”.

“Ma che vuoi che ricordi? Io te li ho dati e io non voglio ricordare. Fa’, fa’ così e mettiti a posto. Giustizia ci vuole fra poveri e ricchi! Io già, se ero io il padrone, volevo solo le cinquanta staia e forse condonavo anche quelle”.

“Tu sei buono. Fossero tutti come te! Ricordati che la mia casa ti è amica”.

Il fattore andò da altri, tenendo lo stesso metodo, professandosi pronto a soffrire per rimettere le cose a posto con giustizia. E offerte di aiuti e benedizioni piovvero su lui.

5Rassicurato sul domani, andò tranquillo dal padrone, il quale a sua volta aveva pedinato il fattore e scoperto il suo giuoco. Pure lo lodò dicendo: “La tua azione non è buona e per essa non ti lodo. Ma lodarti devo per la tua accortezza. In verità, in verità i figli del secolo sono più avveduti dei figli della luce”.

E ciò che disse il ricco Io pure vi dico: “La frode non è bella, e per essa Io non loderò mai nessuno. Ma vi esorto ad essere, almeno come figli del secolo, avveduti con i mezzi del secolo, per farli usare a monete per entrare nel regno della Luce“. Ossia con le ricchezze terrene, mezzi ingiusti nella ripartizione e usati per l’acquisto di un benessere transitorio che non ha valore nel Regno eterno, fatevene degli amici che vi aprano le porte di esso. Beneficate coi mezzi che avete, restituite quello che voi, o altri della vostra famiglia, hanno preso senza diritto, distaccatevi dall’affetto malato e colpevole per le ricchezze. E tutte queste cose saranno come amici che nell’ora della morte vi apriranno le porte eterne e vi riceveranno nelle dimore beate.

Come potete esigere che Dio vi dia i suoi beni paradisiaci se vede che non sapete fare buon uso neppure dei beni terrestri? Volete che, per un impossibile supposto, ammetta nella Gerusalemme celeste elementi dissipatori? No, mai. Lassù si vivrà con carità e con generosità e giustizia. Tutti per Uno e tutti per tutti. La comunione dei santi è società attiva e onesta, è santa società. E nessuno che abbia mostrato di essere ingiusto e infe­dele può entrarvi.

Non dite: “Ma lassù saremo fedeli e giusti perché lassù tutto avremo senza temenze di sorta”. No. Chi è infedele nel poco sarebbe infedele anche se il Tutto possedesse, e chi è ingiusto nel poco ingiusto è nel molto. Dio non affida le vere ricchezze a chi nella prova terrena mostra di non sapere usare delle ricchezze terrene. Come può Dio affidarvi un giorno in Cielo la missione di spiriti sostenitori dei fratelli sulla Terra, quando avete mostrato che carpire e frodare, o conservare con avidità, è la vostra prerogativa? Vi negherà perciò il vostro tesoro, quello che per voi aveva conservato, dandolo a quelli che seppero essere avveduti sulla Terra, usando anche ciò che è ingiu­sto e malsano in opere che giusto e sano lo fanno.

Nessun servo può servire due padroni. Perché o dell’uno o dell’altro sarà, o l’uno o l’altro odierà. I due padroni che l’uomo può scegliere sono Dio o Mammona. Ma se vuole essere del primo non può vestire le insegne, seguire le voci, usare i mezzi del secondo».