DOMENICA DELLA SS. TRINITÀ – ANNO A – Gv 3,16-18

a cura di Giovanna Busolini

(Sottolineature, grassetti e commenti sono i miei. Immagini tratte dal WEB)

clicca qui per scaricare il file pdf o mp3 x non-vedenti

Prima Lettura

Il Signore, il Signore misericordioso e pietoso.

Dal libro dell’Èsodo
Es 34,4b-6.8-9

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

Salmo Responsoriale

Dn 3,52-56

R. A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri. Rit.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo. Rit.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso. Rit.

Benedetto sei tu sul trono del tuo regno. Rit.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini. Rit

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo. Rit.

Seconda Lettura

La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
2Cor 13,11-13

Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

Vangelo

Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,16-18

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

Carissimi,

il Vangelo di domenica prossima ci invita a meditare sull’Amore infinitamente Misericordioso di Dio che ha mandato il Suo Figlio Unigenito, il Suo Verbo, ad incarnarsi non per giudicare la Terra, ma per l’istruzione e la salvezza di tutti gli uomini, da Adamo fino all’ultimo uomo che camminerà sulla faccia del pianeta, quando  il Signore con il Suo “Basta!” farà finire per sempre l’esperienza umana sulla terra.

Ci dice però altresì, a chiare lettere, che chi non crederà in questo Amore che si è fatto Uomo per redimerci, da sé si condannerà! Non facciamo l’errore di credere che perché Dio è infinitamente Misericordioso tutto ci sia concesso e tutto si possa fare fidando nell’immunità, perché questo non è vero. Non facciamo anche noi l’errore che fecero gli Ebrei che in quanto  figli di Abramo credettero tutto fosse loro lecito fino ad arrivare al Deicidio! Tutto si può riparare, anche il Deicidio, finché si è vivi, ma una volta giunti nell’al di là nulla ci sarà più possibile cambiare!

Chi muore impenitente si danna e non c’è per lui più speranza di salvezza.

Così quello stesso Gesù che non è stato mandato per giudicare la  terra, sarà però il nostro Giusto Giudice nel momento del Giudizio Particolare e poi nuovamente nel Giudizio Finale, DOVE VERREMO GIUDICATI IN ANIMA E CORPO.

Prima della Passione e Morte di Gesù, gli spiriti dei trapassati venivano giudicati dal Padre e severamente giudicati. Infatti a causa del corruccio divino e della condanna data ai Progenitori (e di conseguenza a tutti i loro discendenti), nessun’anima di trapassato poteva godere della visione beatifica di Dio ed entrare perciò nel Paradiso. Le simboliche porte erano state chiuse e nessuno, per buono che fosse stato nella sua prova terrena, poteva aprirle, neanche Abramo, neanche Giuseppe, il padre putativo di Gesù. Infatti tutti gli spiriti dei “Giusti”, si trovavano nel Limbo: nel “Seno di Abramo” e lì attendevano la promessa Redenzione.

Questo succedeva (e succede tuttora) perché, dopo il Peccato Originale, ogni anima, nell’attimo dell’infusione nella carne concepita [1] dai discendenti dei due Peccatori, Adamo ed Eva, muore alla Grazia e pertanto non può santificarsi se non umanamente.

Con la Sua Passione e Morte e la Sua assoluta obbedienza alla Volontà del Padre, Gesù, l’Uomo-Dio (nella Sua duplice natura umana e divina) ci ottiene questo perdono e di conseguenza la riapertura del Paradiso. Con i Sacramenti donati  a tutti gli uomini dopo la Sua Risurrezione, mette ogni uomo, che lo voglia, in condizione di essere salvato e di diventare erede del Suo Regno.

Già con l’Incarnazione, come Egli stesso ci rivela [2], Gesù ha avuto dal Padre il potere di istruire e giudicare la Creazione e questo potere lo eserciterà, come già detto, una prima volta col Giudizio Particolare e poi, in forma completa (ad anima e corpo) e irreversibile (nessuno potrà più cambiare stato) nel Giudizio Finale.

Ai Suoi Apostoli, Gesù lo aveva spiegato molto bene e negli scritti valtortiani troviamo la conferma di quanto detto.

Dice Gesù ai Suoi Discepoli [3]:

  “…E con la Vita il Padre mi ha dato il potere di giudicare, perché il Figlio del Padre è il Figlio dell’uomo, e può e deve giudicare l’uomo. E non vi meravigliate di questa prima risurrezione, quella spirituale, che Io opero con la mia Parola. Ne vedrete di più forti ancora, più forti per i vostri sensi pesanti, perché in verità vi dico che non vi è cosa più grande della invisibile ma reale risurrezione di uno spirito. Presto [4] viene l’ora in cui i sepolcri saranno penetrati dalla voce del Figlio di Dio e tutti quelli che sono in essi la udranno. E coloro che fecero il bene ne usciranno per andare alla risurrezione della Vita eterna, e quanti fecero il male alla risurrezione della condanna eterna….” 

E ancora [5]:

 “Maestro eterno. Maestro primo ed ultimo. Maestro ancora quando ogni scuola di dottori avrà cessato d’essere [6]. Maestro colmante tutte le lacune rimaste per millenni e secoli sulla conoscenza di Dio, illuminante la profondità del mistero rimasta sempre oscura agli intelletti umani, annullante gli errori d’ogni umana scuola. E come per il suo primo “si faccia”, dato da Maestro che sa perfettamente come ogni cosa va fatta perché sia buona, si ebbe il Creato sensibile, così per il suo ultimo “si faccia” si avrà la fine di quanto si corruppe, e che verrà giudicata “buona cosa” che non più sia, e si avrà il nuovo mondo, e tutte le cose saranno stabilite in un modo nuovo e immutabile, secondo il suo Volere di Maestro perfettissimo e di Giudice supremo, al quale il Padre ha deferito ogni potere del Regno di Dio nei Cieli, del Regno di Dio nei cuori, del Giudizio su tutte le creature, angeliche, razionali, o infere, perché tutte, nel Cielo, sulla Terra e negli inferni, adorino, conoscano, sentano[7]che Egli è Colui che è, Re dei re, Signore dei signori, l’Alfa e l’Omega, l’Onnipotente.” 

 1 Cfr. il “Miserere”– Salmi 51-7: Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre.

[2] Cfr. Matteo 28-18:  E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra.».

[3] Cfr. Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato,  vol. IV, 258.5, ed. CEV.

[4] NDR In questo caso il “Presto” è da intendersi nei tempi di Dio, per il quale mille anni sono come un giorno.

[5] Cfr. Maria Valtorta, I Quaderni del 1945-50 – L’Apocalisse. Cap. I, ed. CEV.

[6] NDR Da  quanto precede si può dunque ragionevolmente immaginare che, prima del Giudizio Universale, tutte le Creature saranno ammaestrate da Gesù stesso e tutti i misteri saranno svelati e tutti gli errori corretti in modo che  tutta la Creazione “vivente” conosca  la  Verità tutta intera.

[7] NDR Quindi, come dice anche l’apostolo, tutte le creature (spirituali e umane) saranno giudicate da Gesù insieme ai Suoi Eletti! E tutte adoreranno Gesù, il Re dei Re! Cfr. 2 Pietro 2, [4] Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell’inferno, serbandoli per il giudizio.


((G Eccovi ora quanto riportano gli Scritti valtortiani circa lo specifico Vangelo proposto nella festa della SS. Trinità, che fa parte del colloquio segreto fra Gesù e Nicodemo.))

Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, 116 –  Il colloquio con Nicodemo, ed. CEV.

24 febbraio 1945.

 […] «Hai detto, Simone, che Lazzaro ti ha mandato Isacco con Massimino, oggi, mentre Io ero presso la torre di Davide. Che voleva?».

«Voleva dirti che Nicodemo è da lui e che voleva parlarti in segreto. Mi sono permesso di dire: “Che venga. Il Maestro lo attenderà nella notte”. Non hai che la notte per essere solo. Per questo ti ho detto: “Congeda tutti, meno Giovanni e me”. Gio­vanni serve per andare al ponte del Cedron ad attendere Nico­demo, che è in una delle case di Lazzaro, fuori le mura. Io ser­vivo a spiegare. Ho fatto male?».

«Hai fatto bene. Vai, Giovanni, al tuo posto».

Restano soli Simone e Gesù. Gesù è pensieroso. Simone ri­spetta il suo silenzio. Ma Gesù lo rompe d’improvviso e, come terminando ad alta voce un interno discorso, dice: «Sì. É bene fare così. Isacco, Elia, gli altri, bastano per tenere viva l’idea che già si afferma fra i buoni e negli umili. Per i potenti… vi sono altre leve. Vi è Lazzaro, Cusa, Giuseppe, altri ancora… Ma i potenti… non mi vogliono. Temono e tremano per il loro potere. Io andrò lontano da questo cuore giudeo, sempre più ostile al Cristo».

«Torniamo in Galilea?».

«No. Ma lontano da Gerusalemme. La Giudea va evangeliz­zata. É Israele essa pure. Ma qui, lo vedi… Tutto serve ad ac­cusarmi. Mi ritiro. E per la seconda volta…».

«Maestro, ecco Nicodemo», dice Giovanni entrando per primo. Si salutano e poi Simone prende Giovanni ed esce dalla cu­cina, lasciando soli i due.

«Maestro, perdona se ti ho voluto parlare in segreto. Diffido per Te e per me di molti. Non tutta viltà la mia. Anche pruden­za e desiderio di giovarti più che se ti appartenessi apertamen­te. Tu hai molti nemici. Io sono uno dei pochi che qui ti ammi­rano. Mi sono consigliato con Lazzaro. Lazzaro è potente per nascita, temuto perché in favore presso Roma, giusto agli occhi di Dio, saggio per maturazione di ingegno e cultura, tuo vero amico e mio vero amico. Per tutto questo ho voluto parlare con lui. E sono felice che egli abbia giudicato nel mio stesso modo. Gli ho detto le ultime… discussioni del Sinedrio su Te».

«Le ultime accuse. Di’ pure le verità nude come sono».

«Le ultime accuse. Sì, Maestro. Io ero in procinto di dire: “Ebbene, io pure sono dei suoi”. Tanto perché in quell’assem­blea ci fosse almeno uno che fosse in tuo favore. Ma Giuseppe, che mi era venuto vicino, mi ha sussurrato: “Taci. Teniamo oc­culto il nostro pensiero. Ti dirò poi”. E uscito di là ha detto; sì, ha detto: “Giova di più così. Se ci sanno discepoli, ci tengono all’oscuro di quanto pensano e decidono, e possono nuocergli e nuocerci. Come semplici studiosi di Lui, non ci faranno sotter­fugi”. Ho capito che aveva ragione. Sono tanto… cattivi! An­che io ho i miei interessi e i miei doveri… e così Giuseppe… Capisci, Maestro».

«Non vi dico nessuna rampogna. Prima che tu venissi, dice­vo questo a Simone. E ho deciso anche di allontanarmi da Gerusalemme».

«Ci odi perché non ti amiamo!».

«No. Non odio neppure i nemici».

«Tu lo dici. Ma così è. Hai ragione. Ma che dolore per me e Giuseppe! E Lazzaro? Che dirà Lazzaro, che proprio oggi ha deciso di farti dire di lasciare questo luogo per andare in una delle sue proprietà di Sionne. Tu sai? Lazzaro è potente in ric­chezza. Buona parte della città è sua e così molte terre di Pale­stina. Il padre, al suo censo ed a quello di Eucheria della tua tribù e famiglia, aveva unito quanto era ricompensa dei roma­ni al servitore fedele, ed ai figli ha lasciato ben grande eredità. E, quel che più conta, una velata ma potente amicizia con Ro­ma. Senza quella, chi avrebbe salvato dall’improperio tutta la casa dopo l’infamante condotta di Maria, il suo divorzio, solo avuto perché era “lei”, la sua vita di licenza in quella città che è suo feudo e in Tiberiade che è l’elegante lupanare dove Roma e Atene hanno fatto letto di prostituzione per tanti del popolo eletto? Veramente, se Teofilo siro fosse stato un proselite più convinto, non avrebbe dato ai figli quella educazione elleniz­zante che uccide tanta virtù e semina tanta voluttà e che, be­vuta ed espulsa senza conseguenze da Lazzaro, e specie da Marta, ha contagiato e proliferato nella sfrenata Maria, ed ha fatto di lei il fango della famiglia e della Palestina. No, senza la potente ombra del favore di Roma, più che ai lebbrosi, sa­rebbe stato mandato a loro anatema. Ma posto che così è, ap­profittane».

 «No. Mi ritiro. Chi mi vuole verrà a Me».

«Ho fatto male a parlare!».

Nicodemo è accasciato.

«No. Attendi e persuaditi», e Gesù apre una porta e chia­ma: «Simone! Giovanni! Venite da Me».

Accorrono i due. «Simone, di’ a Nicodemo quanto ti dicevo quando entrò lui».

«Che per gli umili bastano i pastori, per i potenti Lazzaro, Nicodemo e Giuseppe con Cusa, e che Tu ti ritiri lontano da Gerusalemme pur senza lasciare la Giudea. Questo dicevi. Per­ché me lo fai ripetere? Che è avvenuto?»

 «Nulla. Nicodemo temeva che Io me ne andassi per le sue parole».

«Ho detto al Maestro che il Sinedrio è sempre più nemico, e che era bene si mettesse sotto la protezione di Lazzaro. Ha protetto i tuoi beni perché ha dalla sua Roma. Proteggerebbe anche Gesù».

«E’ vero. E’ un buon consiglio. Per quanto la mia casta sia invisa anche a Roma, pure una parola di Teofilo mi ha conser­vato l’avere durante la proscrizione e la lebbra. E Lazzaro ti è molto amico, Maestro».

«Lo so. Ma ho detto. E quello che ho detto faccio».

«Noi ti perdiamo, allora!».

«No, Nicodemo. Dal Battista vanno uomini di tutte le sette. Da Me potranno venire uomini di tutte le sette e di tutte le ca­riche».

«Noi venivamo a Te sapendoti da più di Giovanni».

«Potete venirci ancora. Sarò un rabbi solitario Io pure come Giovanni, e parlerò alle turbe vogliose di sentire la voce di Dio e capaci di credere che Io sono quella Voce. E gli altri mi di­menticheranno. Se almeno saranno capaci di tanto».

«Maestro, Tu sei triste e deluso. Ne hai ragione. Tutti ti  ascoltano. E credono in Te tanto da ottenere miracoli. Persino uno di Erode, uno che deve per forza avere corrotta la bontà naturale in quella corte incestuosa. Persino dei soldati romani. Solo noi di Sionne siamo così duri… Ma non tutti. Lo vedi… Maestro, noi sappiamo che sei venuto da parte di Dio, suo dot­tore che più alto non c’è. Lo dice anche Gamaliele. Nessuno può fare i miracoli che Tu fai se non ha seco Iddio. Questo cre­dono anche i dotti come Gamaliele. Come allora avviene che non possiamo avere la fede che hanno i piccoli d’Israele? Oh! dimmelo proprio. Io non ti tradirò anche se mi dicessi: “Ho mentito per avvalorare le mie sapienti parole sotto un sigillo che nessuno può deridere”. Sei Tu il Messia del Signore? l’Atteso? la Parola del Padre, incarnata per istruire e redimere Israele secondo il Patto?».

«Da te lo domandi, o altri ti mandano a chiederlo?».

«Da me, da me, Signore. Ho un tormento qui. Ho una bur­rasca. Venti contrari e contrarie voci. Perché non in me, uomo maturo, quella pacifica certezza che ha costui, quasi analfabe­ta e fanciullo, e che gli mette quel sorriso beato sul volto, quel­la luce negli occhi, quel sole nel cuore? Come credi tu, Giovan­ni, per essere così sicuro? Insegnami, o figlio, il tuo segreto, il segreto per cui sapesti vedere e capire il Messia in Gesù Naza­reno!».

Giovanni si fa rosso come una fragola e poi china il capo come si scusasse di dire una cosa così grande, e risponde sem­plicemente: «Amando».

«Amando! E tu, Simone, uomo probo e sulle soglie della vecchiezza, tu dotto e tanto provato da essere indotto a temere inganno dovunque?».

«Meditando».

«Amando! Meditando! Io pure amo e medito, e non sono certo ancora!».

Interloquisce Gesù dicendo: «Io te lo dico il segreto vero. Costoro seppero nascere nuovamente, con uno spirito nuovo, libero da ogni catena, vergine da ogni idea. E compresero per­ciò Dio. Se uno non nasce di nuovo, non può vedere il Regno di Dio né credere nel suo Re».

«Come può un uomo rinascere essendo già adulto? Espulso dal seno materno, l’uomo non può mai più rientrarvi. Alludi forse alla rincarnazione come la credono tanti pagani? Ma no, non è possibile in Te questo. E poi non sarebbe un rientrare nel seno, ma un rincarnare oltre il tempo. Perciò non più ora. Co­me? Come?».

«Non vi è che una esistenza della carne sulla Terra e una eterna vita dello spirito oltre Terra. Ora Io non parlo della car­ne e del sangue. Ma dello spirito immortale, il quale per due cose rinasce a vera vita.Per l’acqua e per lo Spirito. Ma il più grande è lo Spirito, senza il quale l’acqua non è che simbolo. Chi si è mondato con l’acqua deve purificarsi poi con lo Spiri­to e con Esso accendersi e splendere, se vuole vivere in seno a Dio qui e nell’eterno Regno. Perché ciò che è generato dalla carne è e resta carne, e con essa muore dopo averla servita nei suoi appetiti e peccati. Ma ciò che è generato dallo Spirito è spirito, e vive tornando allo Spirito Generatore dopo aver alle­vato sino all’età perfetta il proprio spirito.

Il Regno dei Cieli non sarà abitato che da esseri giunti all’età spirituale perfetta. Non meravigliarti dunque se dico: “Bisogna che voi nasciate di nuovo”.

Costoro hanno saputo rinascere. Il giovane ha ucciso la carne e fatto rinascere lo spirito mettendo il suo io sul rogo dell’amore. Tutto fu arso di ciò che era materia. Dalle ceneri ecco sorgere il suo nuovo fiore spirituale, meraviglioso elianto che sa volgersi al Sole eterno.

Il vecchio ha messo la scure del­la meditazione onesta ai piedi del vecchio suo pensiero ed ha sradicato la vecchia pianta lasciando solo il pollone della buo­na volontà, dal quale ha fatto nascere il suo nuovo pensiero. Ora ama Dio con spirito nuovo e lo vede.

Ognuno ha il suo metodo per giungere al porto. Ogni vento è buono purché si sappia usare la vela. Voi sentite soffiare il vento e dalla sua corrente potete regolarvi a dirigere la manovra. Ma non potete dire da dove esso viene né chiamare quello che vi occorre.

An­che lo Spirito chiama e viene chiamando e passa. Ma solo chi è attento lo può seguire. Conosce la voce del padre il figlio, co­nosce la voce dello Spirito lo spirito da Lui generato».

«Come può avvenire questo?»

«Tu, maestro in Israele, me lo chiedi? Tu ignori queste cose? Si parla e si testifica di ciò che sappiamo e abbiamo visto. Or dunque Io parlo e testifico di ciò che so. Come potrai mai ac­cettare le cose non viste se non accetti la testimonianza che Io ti porto? Come potrai credere allo Spirito se non credi all’in­carnata Parola?

Io sono disceso per risalire e meco trarre colo­ro che sono quaggiù. Uno solo è disceso dal Cielo: il Figlio dell’uomo. E uno solo al Cielo salirà col potere di aprire il Cie­lo: Io, Figlio dell’uomo.

Ricorda Mosè. Egli alzò un serpente nel deserto per guarire i morbi d’Israele. Quando Io sarò innal­zato, coloro che ora la febbre della colpa fa ciechi, sordi, muti, folli, lebbrosi, malati, saranno guariti e chiunque crederà in Me avrà vita eterna. Anche coloro che in Me avranno creduto, avranno questa beata vita.

Non chinare la fronte, Nicodemo. Io sono venuto a salvare, non a perdere. Dio non ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché chi è nel mondo sia con­dannato, ma perché il mondo sia salvo per mezzo di Lui.

Nel mondo Io ho trovato tutte le colpe, tutte le eresie, tutte le ido­latrie. Ma può la rondine che vola ratta sulla polvere sporcar­sene la piuma? No. Porta solo per le triste vie della Terra una virgola d’azzurro, un odore di cielo, getta un richiamo per scuotere gli uomini e far loro alzare lo sguardo dal fango e seguire il suo volo che al cielo ritorna.

Così Io. Vengo per portar­vi meco. Venite!… Chi crede nel Figlio unigenito non è giudi­cato. É già salvo, perché questo Figlio perora al Padre e dice “Costui mi amò”. Ma chi non crede è inutile faccia opere sante. É già giudicato perché non ha creduto nel nome del Figlio uni­co di Dio. Quale è il mio Nome, Nicodemo?».

«Gesù».

«No. Salvatore. Io sono Salvazione. Chi non mi crede, rifiu­ta la sua salute ed è giudicato dalla Giustizia eterna. E il giu­dizio è questo: “La Luce ti era stata mandata, a te e al mondo, per esservi salvezza, e tu e gli uomini avete preferito le tenebre alla Luce perché preferivate le opere malvagie, che ormai era­no la consuetudine vostra, alle opere buone che Egli vi addita­va da seguire per essere santi”.

Voi avete odiato la Luce perché i malfattori amano le tenebre per i loro delitti, e avete sfuggito la Luce perché non vi illuminasse nelle vostre piaghe nascoste. Non per te, Nicodemo. Ma la verità è questa. E la punizione sarà in rapporto alla condanna, nel singolo e nella collettività.

Riguardo a coloro che mi amano e mettono in pratica le verità che insegno, nascendo perciò nello spirito per una seconda vol­ta, che è la più vera, ecco Io dico che essi non temono la Luce, ma anzi ad essa si accostano, perché la loro luce aumenta quel­la da cui furono illuminati, reciproca gloria che fa beato Dio nei suoi figli e i figli nel Padre.

No, che i figli della Luce non temono d’essere illuminati. Ma anzi col cuore e con le opere di­cono: “Non io; Egli il Padre, Egli il Figlio, Egli lo Spirito han­no compiuto in me il Bene. Ad essi gloria in eterno”.

E dal Cie­lo risponde l’eterno canto dei Tre che si amano nella loro per­fetta Unità: “A te benedizione in eterno, figlio vero del nostro volere”.

Giovanni, ricorda queste parole per quando sarà l’ora di scriverle.

Nicodemo, sei persuaso?».

«Maestro… sì. Quando potrò parlarti ancora?».

«Lazzaro saprà dove condurti. Andrò da lui prima di allon­tanarmi di qui».

«Io vado, Maestro. Benedici il tuo servo».

«La mia pace sia teco».

Nicodemo esce con Giovanni.

Gesù si volge a Simone: «Vedi l’opera della potestà delle Te­nebre? Come un ragno, tende la sua insidia e invischia e impri­giona chi non sa morire per rinascere farfalla, tanto forte da lacerare la tela tenebrosa e passare oltre, portando a ricordo della sua vittoria brandelli di lucente rete sulle ali d’oro, come orifiamme e labari vinti al nemico. Morire per vivere. Morire per darvi la forza di morire. Vieni, Simone, al riposo. E Dio sia con te».

Tutto ha fine.

((G Questo discorso sul fatto che Gesù non è venuto sulla terra per giudicare il mondo ma per salvarlo,  verrà ripetuto ad una trentina di persona nel giorno del Giovedì Santo.))

Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, 598. Giovedì santo. Ed. CEV

 […] Ge­sù si alza rimettendosi il manto.

«Maestro, li fuori ci sono delle persone. Persone di censo. Vorrebbero parlarti senza esser viste dai farisei», dice un servo.

«Falli entrare. Ester non si opporrà. Non è vero, donna?», dice Gesù rivolgendosi ad una matura donna che sta accorrendo per salutarlo.

«No, Maestro. La mia casa è tua, lo sai. Per troppo poco hai usato di essa!».

«Tanto che basti a dire al mio cuore: era casa amica».

Ordi­na al servo: «Conduci chi attende».

Entrano una trentina di persone di dignitoso aspetto. Os­sequiano. Uno parla per tutti:

«Maestro, le tue parole ci hanno scosso. Abbiamo sentito in Te la voce di Dio. Ma ci dicono folli perché crediamo in Te. Che fare allora?».

«Non a Me crede chi crede in Me, ma crede a Colui che mi ha mandato e del quale oggi avete sentito la voce santissima. Non Me vede chi vede Me, ma vede Colui che mi ha mandato, perché Io sono una sola cosa col Padre mio. Per questo vi dico che dovete credere per non offendere Dio che mi è e vi è Padre, e vi ama sino a sacrificarvi il suo Unigenito. Ché, se è dubbio nei cuori che Io sia il Cristo, non vi è dubbio che Dio sia nel Cielo. E la voce di Dio, che Io ho chiamato Padre, oggi al Tem­pio, chiedendogli di dare gloria al suo Nome, ha risposto a Co­lui che Padre lo chiamava, e senza dirgli “mentitore o bestem­miatore” come molti dicono. Dio ha confermato chi Io sono. La sua Luce. Io sono la Luce venuta al mondo. Io sono venuto Lu­ce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle Tenebre. Se uno ascolta le mie parole e poi non le osserva, Io non lo giu­dico. Non sono venuto a giudicare il mondo ma a salvare il mondo. Chi mi disprezza e non riceve le mie parole ha chi lo giudica. La Parola da Me annunciata, quella sarà che lo giudi­cherà nel giorno estremo. Perché era sapiente, perfetta, dolce, semplice, così come è Dio. Perché quella Parola è Dio.

Non so­no Io, Gesù di Nazaret, detto il figlio di Giuseppe legnaiolo della stirpe di Davide e figlio di Maria, fanciulla ebrea, vergine della stirpe di Davide sposata a Giuseppe, che ho parlato. No. Io non ho parlato di mio. Ma è il Padre mio, Colui che è nei Cieli e ha nome Jeové, Colui che oggi ha parlato, Colui che mi ha mandato, che mi ha prescritto quello che devo dire e di che ho da parlare.

E Io so che nel suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che dico le dico come me le ha dette il Padre, e in esse è Vita. Per questo vi dico: ascoltatele. Mettetele in pra­tica e avrete la Vita. Perché la mia parola è Vita. E chi l’acco­glie, accoglie, insieme a Me, il Padre dei Cieli che mi ha man­dato a darvi la Vita. E chi ha in sé Dio ha in sé la Vita. Andate. La pace venga a voi e vi permanga».

Li benedice e congeda. Benedice anche i discepoli. Trattiene solamente Isacco e Stefano. Gli altri li bacia e li congeda. E quando sono andati, esce per ultimo insieme ai due e va con essi, per le viette più solitarie e già scure, alla casa del Cenaco­lo. E, giunto là, abbraccia e benedice con particolare amore Isacco e Stefano, li bacia, li benedice di nuovo, li guarda anda­re e poi bussa ed entra…