DOMENICA DELLE PALME “De Passione Domini” (ANNO B) – Mc 11,1-10)

 

A cura di Giovanna Busolini

(Sottolineature, grassetti e commenti sono i miei. Immagini tratte dal WEB.)

LITURGIA DELLA DOMENICA E DELLE FESTE COMANDATE 2023/2024 – Google Drive

Commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme

VANGELO (Mc 11,1-10)Benedetto colui che viene nel nome del Signore. 

+ Dal Vangelo secondo Marco

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».

Prima Lettura

Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare deluso. (Terzo canto del Servo del Signore)

Dal libro del profeta Isaìa

Is 50,4-7

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Salmo Responsoriale
Sal 21

  1. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R.

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa. R.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto. R.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele. R.

Seconda Lettura

Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fil 2,6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Vangelo

La passione del Signore

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco
Mc 14,1 – 15,47

Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo.
Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo».
Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo.
Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché tutto questo spreco di olio profumato?
Si poteva benissimo vendere quest’olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un’opera buona;
i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.
Essa ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura.
In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto».
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù.
Quelli all’udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l’occasione opportuna per consegnarlo.
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo
e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, gia pronta; là preparate per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.

Venuta la sera, egli giunse con i Dodici.
Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: «In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà».
Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altro: «Sono forse io?».
Ed egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto.
Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Bene per quell’uomo se non fosse mai nato!».
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo».
Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.
E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti.
In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio».
E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.
Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea».
Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò».
Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte».
Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.
Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego».
Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.
Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate».
Poi, andato un pò innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora.
E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».
Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola?
Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.
Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.
Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta».
Allora gli si accostò dicendo: «Rabbì» e lo baciò.
Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono.
Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio.
Allora Gesù disse loro: «Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi.
Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!».
Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.
Un giovanetto 1) però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono.
Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.
Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.
Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.
Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.
Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi.
Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo:
«Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d’uomo».
Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.
Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?».
Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?».
Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?
Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.
Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: «Indovina». I servi intanto lo percuotevano.
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote
e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù».
Ma egli negò: «Non so e non capisco quello che vuoi dire». Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò.
E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è di quelli».
Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: «Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo».
Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo che voi dite».
Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte». E scoppiò in pianto.
Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato.
Allora Pilato prese a interrogarlo: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici».
I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse.
Pilato lo interrogò di nuovo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!».
Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.
Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta.
Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio.
La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva.
Allora Pilato rispose loro: «Volete che vi rilasci il re dei Giudei?».
Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia.
Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba.
Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?».
Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!».
Ma Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Allora essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!».
E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte.
Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo.
Cominciarono poi a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!».
E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui.
Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.
Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio,
e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere.
Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.
E l’iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei.
Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.
I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!».
Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso!
Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio.
Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!».
Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce».
Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso.
Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!».
C’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome,
che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato,
Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.
Pilato si meravigliò che fosse gia morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo.
Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.
Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro.
Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.

  • NDR Questo “giovanetto” che fu fermato, come poteva essere stato notato nel buio e nella confusione (tanto da essere riportato dall’Evangelista) se non fosse stato lui stesso a inserirsi nel racconto di questi fatti, dando tra l’altro dettagli che solo chi era presente e nascosto poteva aver visto? Dagli scritti valtortiani si ricaverebbe che questo ragazzo sia infatti lo stesso Marco Evangelista, figlio di Giona, il guardiano del frantoio del Getsemani (che poi diventerà la casa di Maria SS. e di Giovanni Evangelista – dopo l’Ascensione di Gesù al cielo) che, risvegliato nel cuore della notte dalle grida, si sia avventurato a vedere che cosa stesse succedendo coprendosi solo con un lenzuolo.

Carissimi,

il Vangelo di Marco della Domenica della Palme (che ci riporta anche la  “De Passione Domini”)  copre diversi giorni della vita di Gesù e arriva fino alla deposizione nel Sepolcro. Visto che la Settimana Santa vi sarà proposta nei prossimi giorni, quest’oggi mi limiterò a riportare (dei testi valtortiani) il pianto di Gesù su Gerusalemme e la sua entrata trionfale nella Città Santa, nonché la morte di Annalia (la prima vergine cristiana dopo Maria SS.) e alcuni commenti di Gesù sull’interpretazione da dare riguardo al Suo pianto su Gerusalemme.

Maria Valtorta – L’Evangelo come mi è stato rivelato, [590, 1-22] ed. CEV.

Il pianto su Gerusalemme e l’entrata trionfale nella Città santa. La morte di Annalia.

30 marzo 1947.

1Gesù passa il suo braccio sulle spalle di sua Madre, che si è alzata quando Giovanni e Giacomo d’Alfeo l’hanno raggiunta per dirle: «Tuo Figlio viene», e poi sono tornati indietro per riunirsi ai compagni che procedono lentamente, parlando, mentre Tommaso e Andrea sono corsi verso Betfage per cercare l’asina e l’asinello e condurli a Gesù.

Gesù intanto parla alle donne. «Eccoci presso alla città. Io vi consiglio di andare. E andare sicure. Entrate prima di Me in città. Presso En Rogel sono tutti i pastori e i più fidi discepoli. Hanno ordine di farvi scorta e protezione».

«È che… Abbiamo parlato con Aser di Nazaret e Abele di Betlemme di Galilea e anche con Salomon. Erano venuti fin qui per spiare il tuo arrivo. La folla prepara gran festa. E noi si voleva vedere… Vedi come si scuotano le cime degli ulivi? Non è vento che le agita così. Ma è la gente che coglie rami per spargerne la via e farti velo al sole. E là?! Guarda là, stanno spogliando le palme dei loro ventagli. Sembrano grappoli e sono uomini saliti sui fusti a cogliere e cogliere… E, sui pendii, vedi curvi i bambini a cogliere fiori. E le donne certo spogliano orti e giardini da corolle e da erbe odorose per giuncarti il cammino di fiori. Noi si voleva vedere… e imitare il gesto di Maria di Lazzaro, che raccolse tutti i fiori premuti dal tuo piede quando entrasti nel giardino di Lazzaro», prega Maria Cleofe[1] per tutte.

Gesù carezza sulla guancia la sua vecchia parente, che sembra una bambina vogliosa di vedere uno spettacolo, e le dice: «Nella gran folla non vedresti nulla. Andate avanti. Alla casa di Lazzaro, quella che ha per custode Mattia. Passerò di là e mi vedrete dall’alto».

«Figlio mio… e vai solo? Non posso starti vicino?», dice Maria alzando il volto così triste e fissando i suoi occhi di cielo sul suo dolce Figlio.

«Vorrei pregarti di stare nascosta. Come la colomba nella fessura della rupe. Più della tua presenza mi è necessaria la tua preghiera, Mamma diletta!».

«Se è così, Figlio mio, noi pregheremo. Tutte. Per Te».

«Sì. Dopo averlo visto passare, verrete con noi nel mio palazzo di Sion. E io manderò dei servi al Tempio e sempre dietro al Maestro, perché essi ci portino i suoi ordini e le sue notizie», decide Maria di Lazzaro, sempre rapida nell’afferrare ciò che è il migliore da farsi e a farlo senza indugio.

«Hai ragione, sorella. Benché mi dolga non seguirlo, comprendo la giustizia dell’ordine. E, del resto, Lazzaro ci ha detto di non contraddire il Maestro in cosa alcuna, ma di ubbidirlo anche nella cose più tenui. E lo faremo».

«E allora andate. Vedete? Le vie si animano. Stanno per raggiungermi gli apostoli. Andate. La pace sia con voi. Vi farò venire nelle ore che giudicherò buone. Mamma, addio. Abbi pace. Dio è con noi». La bacia e congeda. E le ubbidienti discepole se ne vanno sollecite.

2I dieci apostoli raggiungono Gesù. «Le hai mandate avanti?».

«Sì. Vedranno da una casa la mia entrata».

«Da quale casa?», chiede Giuda di Keriot.

«Eh! sono ormai tante le case amiche!», dice Filippo.

«Non da Annalia?», insiste l’Iscariota.

Gesù risponde negativamente e si incammina verso Betfage, che è poco lontana.

Gli è prossimo quando tornano indietro i due mandati a prendere l’asina e l’asinello. Gridano: «Abbiamo trovato come Tu hai detto e ti avremmo condotto gli animali. Ma il padrone di essi volle strigliarli e ornarli delle migliori bardature per onorarti. E i discepoli, uniti a quelli che hanno passato la notte nelle vie di Betania per onorarti, vogliono avere l’onore di condurteli, e noi abbiamo annuito. Ci è parso che il loro amore meritasse un premio».

«Avete fatto bene. Andiamo avanti, intanto».

«Sono molti i discepoli?», chiede Bartolomeo.

«Oh! una moltitudine. Non si riesce a penetrare per le vie di Betfage. Per questo ho detto a Isacco di condurre l’asino da Cleante il formaggiaio», risponde Tommaso.

«Hai fatto bene. Andiamo sino a quel balzo del colle. E attendiamo un poco all’ombra di quegli alberi».

Vanno dove Gesù indica.

«Ma ci allontaniamo! Tu superi Betfage girandola alle spalle!», esclama l’Iscariota.

«E se voglio farlo, chi me lo può impedire? Sono forse già prigioniero, che non mi sia lecito di andare dove voglio? E c’è forse fretta che Io lo sia e si teme che Io possa sfuggire alla cattura? E se giudicassi giusto di allontanarmi per luoghi più sicuri, c’è alcuno che lo potrebbe impedire?». Gesù dardeggia i suoi occhi sul Traditore, che non apre più bocca e si stringe nelle spalle come per dire: «Fa’ ciò che ti pare».

Girano infatti dietro alle spalle del paesello, direi un sobborgo della stessa città, perché dal lato ovest è proprio poco lontano dalla città, facente già parte delle pendici dell’Uliveto che corona Gerusalemme nel lato orientale. In basso, fra le pendici e la città, il Cedron brilla al sole d’aprile.

Gesù si siede in quel silenzio verde e si concentra nei suoi pensieri. Poi si alza e va proprio sul ciglio del balzo.

3Dice Gesù: «Qui metterai la visione del 31 luglio 1944: “Gesù che piange su Gerusalemme”, dalla frase che ti do detta per inizio di visione». E poi riprende a mostrarmi le fasi della sua entrata trionfale.

Da un poggio presso Gerusalemme Gesù guarda la città stessa ai suoi piedi.

Non è un poggio molto alto. Al massimo come può esserlo il piazzale di S. Miniato a monte, a Firenze; ma basta perché l’occhio domini sulla distesa di tutte le case e delle vie, che salgono e scendono su e giù per le piccole elevazioni di terreno che costituiscono Gerusalemme. Questo colle è certo molto più alto, se si prende il livello più basso della città, di quanto non sia il Calvario, ma è più vicino alla cinta di quello. Proprio ha inizio appena fuori delle mura e si alza con un balzo ripido dalla parte delle stesse, mentre dall’altra scende mollemente verso una campagna tutta verde che si stende verso est. Almeno mi pare l’oriente, se giudico bene la luce solare.

Gesù e i suoi sono sotto un ciuffo di alberi, all’ombra, seduti. Si riposano del cammino fatto. Poi Gesù si alza, lascia lo spiazzo alberato dove erano seduti e si porta proprio sul ciglio del balzo. La sua alta persona si staglia netta sul vuoto che lo circonda. Pare ancora più alta, dritta così, e sola. Tiene le mani conserte sul petto, sul mantello azzurro, e guarda serio serio.

Gli apostoli l’osservano. Ma lo lasciano fare senza muoversi né parlare. Devono pensare che Egli si sia isolato per pregare.

Ma Gesù non prega. Dopo aver lungamente guardato la città in ogni suo rione, in ogni suo poggio, in ogni sua particolarità, talora con lunghi sguardi su questo o quel punto, talaltra con minore insistenza, Gesù si mette a piangere. Senza scosse o rumore. Le lacrime gonfiano l’orbita, poi sgorgano e rotolano sulle guance e cadono… Lacrimoni silenziosi e tanto tristi. Come di chi sa che deve piangere, solo, senza sperare conforto e comprensione da alcuno. Per un dolore che non può essere annullato e che deve essere sofferto, assolutamente.

5Il fratello di Giovanni, per la sua posizione, è il primo che vede quel pianto e lo dice agli altri, che si guardano l’un l’altro stupiti.

«Nessuno di noi ha fatto male», dice uno; e un altro: «Anche la folla non ebbe insulti. Non vi fu fra essa nessuno a Lui nemico». «Perché piange, allora?», chiede il più anziano di tutti.

Pietro e Giovanni si alzano insieme e si accostano al Maestro. Pensano che l’unica cosa da farsi sia fargli sentire che lo amano e chiedere che ha.

«Maestro, Tu piangi?», dice Giovanni posando la sua testa bionda sulla spalla di Gesù, che è più alto di lui di tutto il collo e il capo.

E Pietro, posandogli una mano alla cintura, cingendolo quasi di un braccio per attirarlo a sé, gli dice: «Cosa ti addolora, Gesù? Dillo a noi che ti amiamo».

Gesù appoggia la guancia sulla testa bionda di Giovanni e, disserrando le braccia, passa a sua volta il braccio sulla spalla di Pietro. Restano così abbracciati tutti e tre, in una posa di tanto amore. Ma il pianto continua a gocciare.

Giovanni, che lo sente scendere fra i suoi capelli, torna a chiedere: «Perché piangi, Maestro mio? Forse da noi ti viene pena?».

Gli altri apostoli si sono riuniti al gruppo amoroso e ansiosamente attendono una risposta.

«No», dice Gesù. «Non da voi. Voi mi siete amici e l’amicizia, quando è sincera, è balsamo e sorriso, mai pianto. 6Vorrei che amici mi rimaneste sempre. Anche ora che entreremo nella corruzione, che fermenta e che corrompe chi non ha volontà decisa di rimanere onesto».

«Dove andiamo, Maestro? Non a Gerusalemme? La folla ti ha già salutato con letizia. Vuoi Tu deluderla? Andiamo forse in Samaria per qualche prodigio? Proprio ora che la Pasqua è vicina?». Le domande sono fatte da diversi contemporaneamente.

Gesù alza le mani imponendo silenzio e poi con la destra accenna la città. Un gesto largo come di uno che semini avanti a sé. E dice: «Quella è la Corruzione. Noi entriamo in Gerusalemme. Noi vi entriamo. E solo l’Altissimo sa come vorrei santificarla portandovi la Santità che viene dai Cieli. Risantificarla, questa che dovrebbe essere la Città santa. Ma non potrò farle nulla. Corrotta è e corrotta rimane. E i fiumi di santità che sgorgano dal Tempio vivo, e che ancor più sgorgheranno a giorni sino a lasciarlo vuoto di vita, non saranno sufficienti a redimerla. Verrà al Santo la Samaria e il mondo pagano. Sui templi bugiardi sorgeranno i templi del Dio vero. I cuori dei gentili adoreranno il Cristo. Ma questo popolo, questa città gli sarà sempre nemica, e il suo odio la porterà al più grande peccato. 7Ciò deve avvenire. Ma guai a coloro che saranno strumenti di questo delitto. Guai!…».

Gesù guarda fissamente Giuda che gli è quasi di fronte.

«Ciò a noi non avverrà mai. Noi siamo i tuoi apostoli e crediamo in Te, pronti a morire per Te». Giuda mente spudoratamente e sostiene lo sguardo di Gesù senza impaccio. Gli altri uniscono le loro proteste.

Gesù risponde a tutti evitando di rispondere a Giuda direttamente.

«Voglia il Cielo che tali voi siate. Ma molta debolezza è ancora in voi, e la tentazione potrebbe rendervi simili a coloro che mi odiano. Pregate molto e molto vegliate su voi. Satana sa che sta per esser vinto e vuole vendicarsi strappandovi a Me. Satana è intorno a noi tutti. A Me per impedirmi di fare la volontà del Padre e compiere la mia missione. A voi per fare di voi dei suoi servi. Vegliate. Entro quelle mura Satana prenderà colui che non saprà esser forte. Colui per il quale maledizione sarà stato l’esser eletto, perché fece della sua elezione uno scopo umano. Vi ho eletti per il Regno dei Cieli e non per quello del mondo. Ricordatevelo. 8E tu, città che vuoi la tua rovina e sulla quale Io piango, sappi che il tuo Cristo prega per la tua redenzione. Oh! se almeno in quest’ora che ti resta tu sapessi venire a Chi sarebbe la tua pace! Almeno comprendessi in quest’ora l’Amore che passa fra te e ti spogliassi dell’odio che ti fa cieca e folle, crudele a te stessa e al tuo bene! Ma verrà il giorno in cui ricorderai quest’ora! Troppo tardi allora per piangere e pentirti! L’Amore sarà passato e scomparso dalle tue strade, e resterà l’Odio che tu hai preferito. E l’Odio sarà verso te, verso i tuoi figli. Poiché si ha ciò che si è voluto, e l’odio si paga con l’odio. E non sarà allora odio di forti contro l’inerme. Ma odio contro odio, e perciò guerra e morte. Stretta da trincee e armati, languirai prima d’esser distrutta e vedrai cadere i tuoi figli per armi e per fame, e i superstiti andare prigionieri e scherniti, e chiederai misericordia, né più la troverai, poiché non hai voluto conoscere la tua Salute. Piango, amici, poiché ho cuore d’uomo e le rovine della patria ne traggono lacrime. Ma ciò è giusto si compia poiché la corruzione supera, fra queste mura, ogni limite e attira il castigo di Dio. Guai ai cittadini causa del male della patria! Guai ai rettori che ne sono la principale causa! Guai a coloro che dovrebbero esser santi per portare gli altri ad essere onesti e invece profanano la Casa del loro ministero e se stessi! Venite. A nulla gioverà la mia azione. Ma facciamo che la Luce splenda ancora una volta fra le Tenebre!».

E Gesù scende seguito dai suoi. Va velocemente per la via con un viso serio e direi quasi accigliato. Né più parla. Entra in una casetta ai piedi del colle, né vedo più altro.

9Dice Gesù:

«La scena narrata da Luca pare senza connessione, quasi illogica. Compiango le sventure di una città colpevole e non so compatire le abitudini di detta città? No. Non le so, non le posso compatire, poiché anzi sono proprio queste abitudini che generano le sventure; e il vederle acutizza il mio dolore. La mia ira sui profanatori del Tempio [2] è logica conseguenza della mia meditazione sulle prossime sventure di Gerusalemme.

Sono sempre le profanazioni al culto di Dio, alla Legge di Dio, quelle che provocano i castighi del Cielo. Facendo della Casa di Dio una spelonca di ladri, quei sacerdoti indegni e quegli indegni credenti (di nome soltanto) attiravano su tutto il popolo maledizione e morte. Inutile dare questo o quel nome al male che fa soffrire un popolo. Cercate il giusto nome in questo: “Punizione per un vivere da bruti”. Dio si ritira e il Male si avanza. Ecco il frutto di una vita nazionale indegna del nome di cristiana.

Come allora, anche ora, in questo scorcio di secolo, non ho mancato con prodigi di scuotere e richiamare. Ma, come allora, non ho attirato su Me e i miei strumenti che scherno, indifferenza e odio. Singoli e nazioni però ricordino che inutilmente piangono quando avanti non vollero conoscere la loro salvezza. Inutilmente mi invocano quando nell’ora in cui ero con loro mi cacciarono con una guerra sacrilega che, partendo dalle singole coscienze, devote al Male, si sparse per tutta la Nazione. Le Patrie non si salvano tanto con le armi quanto con una forma di vita che attiri le protezioni del Cielo.

Riposa, piccolo Giovanni. E fa’ di esser sempre fedele alla tua elezione. Va’ in pace».

Che fatica! Non ce la faccio proprio…

[30 marzo 1947]

10Quasi Gesù non fa a tempo ad entrare nella casa benedicendone gli abitanti, quando si sentono un allegro suonar di bubboli e voci a festa. E subito dopo il volto scarno e pallido di Isacco appare nella fessura dell’uscio, e il pastore fedele entra e si prostra davanti al suo Signore Gesù.

Nell’inquadratura della porta spalancata si pigiano volti e volti e, dietro, altri se ne vedono… Un urtarsi, un pigiarsi, un voler farsi largo… Qualche grido di donna, qualche pianto di bambino preso in mezzo alla ressa, e grida di saluto, esclamazioni a festa: «Felice questo giorno che a noi ti riporta! La pace a Te, Signore! Ben torni, o Maestro, a premiare la nostra fedeltà».

Gesù si alza in piedi e fa gesto di parlare. Tacciono tutti e netta si sente la voce di Gesù.

«Pace a voi! Non vi accalcate. Ora saliremo insieme al Tempio. Sono venuto per stare con voi. Pace! Pace! Non fatevi male. Fate largo, miei diletti! Lasciatemi uscire e seguitemi, ché entreremo insieme nella Città santa».

11La gente, bene o male, ubbidisce, e si fa un poco di largo, tanto che Gesù possa uscire e montare sull’asinello. Perché Gesù indica il puledro, sino allora mai cavalcato, come sua cavalcatura, e allora dei ricchi pellegrini, che si pigiano fra la folla, stendono sulla groppa di questo i loro sontuosi mantelli, e uno si pone con un ginocchio a terra e l’altro a far da gradino al Signore, che siede sulla groppa del puledro d’asina, e il viaggio si inizia, mentre Pietro cammina a un lato del Maestro e Isacco dall’altro, tenendo le briglie della bestia non doma, che però procede tranquilla come fosse usa a quell’ufficio, senza imbizzarrirsi o spaventarsi dei fiori che, gettati come sono verso Gesù, colpiscono sovente la bestiola negli occhi e sul morbido muso, né dei rami di ulivo e delle foglie di palma agitate davanti e intorno ad esso, gettate in terra a far tappeto coi fiori, né dei gridi sempre più forti di: «Osanna, Figlio di Davide!», che salgono al cielo sereno, mentre la folla sempre più infittisce e si accresce per nuovi venuti.

Passare da Betfage, fra le viette strette e contorte, non è facile cosa, e le madri devono prendere in braccio i bambini, e gli uomini proteggere le donne da urti troppo violenti, e qualche padre si pone sulle spalle a cavalluccio il figliolino e lo porta alto sulla folla così, mentre le vocine dei bimbi sembrano belati di agnelli o stridi di rondini e le loro manine gettano fiori e foglie d’ulivo, che le madri porgono, e baci anche, al mite Gesù…

Usciti dalla strettoia della piccola borgata, il corteo si ordina e distende, e molti volonterosi vanno avanti a far da battistrada per preparare sgombra la via, e altri li seguono spargendo di rami il suolo, e uno per primo getta il suo mantello a far da tappeto, e un altro, e quattro, e dieci, e cento, e mille lo imitano. La via ha al centro una striscia multicolore di vesti stese al suolo e, passato Gesù, le vesti sono raccolte e portate più avanti, con altre, con altre, e sempre fiori, rami, foglie di palma vengono agitati e gettati, e gridi più forti vengono innalzati intorno e in onore del Re d’Israele, al Figlio di Davide, al suo Regno!

12I soldati di guardia alla porta escono a vedere che cosa succede. Ma non è sedizione, ed essi, appoggiati alle loro lance, si fanno da lato, osservando stupiti o ironici lo strano corteo di quel Re che cavalca un puledro d’asina, bello come un dio, umile come il più povero degli uomini, mite, benedicente… circondato da donne e bambini e da uomini disarmati gridanti: «Pace! Pace!», di questo Re che, prima di entrare nella città, sosta un momento all’altezza dei sepolcri dei lebbrosi di Innon e di Siloan (credo di dire bene questi luoghi, dove ho visto miracoli di lebbrosi altre volte) e, puntandosi l’unica staffa in cui poggia il suo piede, essendo seduto sull’asino, non a cavallo dell’asino, si alza in piedi e apre le braccia gridando in direzione di quelle pendici orrende (dove volti e corpi paurosi si affacciano guardando verso Gesù e alzano il grido lamentoso dei lebbrosi: «Siamo infetti!», a respingere degli imprudenti che, pur di vedere bene Gesù, salirebbero anche sui corrotti e infetti scaglioni): «Chi ha fede in Me invochi il mio Nome ed abbia salute per quello!», e benedice riprendendo il cammino e ordinando a Giuda di Keriot: «Comprerai cibi per i lebbrosi e con Simone li porterai ad essi avanti sera».

13Quando il corteo entra sotto la volta della porta di Siloan e poi, come un torrente, si riversa entro la città passando per il borgo di Ofel -nel quale ogni terrazza è divenuta una piccola aerea piazza colma di popolo osannante, che getta fiori e rovescia profumi giù, nella via, cercando di gettarli sul Maestro, e l’aria è satura dell’odore dei fiori morenti sotto i passi delle turbe e di essenze che si spargono nell’aria prima di cadere fra la polvere della via- il grido della folla sembra aumentare e farsi forte, come ognuno lo urlasse in una buccina, perché i numerosi archivolti dei quali è piena Gerusalemme lo amplificassero con risonanze continue.

Sento gridare, e credo voglia dire ciò che dicono gli evangelisti: «Scialem, Scialem melchil!», (o malchit: cerco di rendere il suono delle parole, ma è difficile, perché hanno aspirazioni che noi non abbiamo). Un grido continuo, simile all’urlo di un mare in tempesta, nel quale non è ancora caduto il fragor del maroso che schiaffeggia spiagge e scogliere che un altro maroso lo raccoglie e rialza in novello fragore, senza tregua mai. Ne sono assordita!

Profumi, odori, gridi, agitarsi di rami e di vesti, colori, urli… È una visione che sbalordisce.

14Vedo rimescolarsi continuamente la folla, apparire e sparire volti conosciuti: tutti i discepoli di tutti i luoghi di Palestina, tutti i seguaci… Vedo per un attimo Giairo, vedo Jaia il giovinetto di Pella (mi pare) che era cieco come sua madre e che Gesù guarì, vedo Gioacchino di Bozra e quel contadino del piano di Saron coi fratelli, vedo il vecchio e solitario Mattia di quel luogo presso il Giordano (sponda orientale) presso il quale Gesù si rifugiò mentre tutto era inondato, vedo Zaccheo con i suoi amici convertiti, vedo il vecchio Giovanni di Nobe con quasi tutti i cittadini, vedo il marito di Sara di Jutta… Ma chi può tener dietro a volti e nomi, se è un caleidoscopio di visi noti e ignoti, veduti più volte o una sola?… Ecco ora il viso del pastorello preso a Ennon. E, vicino a lui, il discepolo di Corozim che lasciò di seppellire il padre per seguire Gesù; e vicino a lui, per un momento, il padre e la madre di Beniamino di Cafarnao col loro figliolo, che per poco cade sotto le zampe dell’asinello per gettarsi avanti a ricevere una carezza di Gesù.

15E – purtroppo! – volti di farisei e di scribi, lividi di ira per questo trionfo, che fendono prepotenti il cerchio di amore che si stringe intorno a Gesù e gli urlano: «Fa’ tacere questi pazzi! Richiamali alla ragione! Solo Dio va osannato. Di’ che tacciano!».

Al che Gesù risponde dolcemente: «Anche se Io dicessi di tacere e questi mi ubbidissero, le pietre griderebbero i prodigi del Verbo di Dio».

Perché infatti la gente -oltre che gridare: «Osanna, osanna, al Figlio di Davide! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Osanna a Lui e al suo Regno! Dio è con noi! L’Emmanuele è venuto. È venuto il Regno del Cristo del Signore! Osanna! Osanna dalla Terra sino all’alto dei Cieli! Pace! Pace, mio Re! Pace e benedizione a Te, Re santo! Pace e gloria nei Cieli e in Terra! Gloria a Dio per il suo Cristo! Pace agli uomini che lo sanno accogliere. Pace in Terra agli uomini di buona volontà e gloria nei Cieli altissimi, perché l’ora del Signore è venuta» (e chi grida quest’ultimo grido è il gruppo compatto dei pastori che ripetono in grido natalizio)- oltre questi gridi continui, la gente di Palestina narra ai pellegrini della Diaspora i miracoli che hanno visto, e a chi non sa ciò che avviene, perché straniero di passaggio fortuitamente dalla città e che chiede: «Ma chi è Costui? Che avviene?», spiegano: «È Gesù! Gesù, il Maestro di Nazaret di Galilea! Il Profeta! Il Messia del Signore! Il Promesso! Il Santo!».

Da una casa, e da poco è sorpassata la porta perché l’andare è lentissimo in tanta confusione, esce un gruppo di robusti giovani portando alti dei vasi di rame pieni di carboni accesi e di incenso, che arde spargendo nubi di fumo odoroso. E il gesto è raccolto e ripetuto, e molti corrono avanti o tornano indietro, alle case, per farsi dare fuoco e resine odorose da ardere in omaggio del Cristo.

16La casa di Annalia appare. La terrazza, inghirlandata di vite dalle foglie novelle tremolanti ad un mite vento di aprile, ha sul lato della via tutta una fila di giovinette biancovestite e biancovelate, al centro delle quali è Annalia, con cesti di petali di rose sfogliate e di mughetti che già volteggino nell’aria.

«Le vergini di Israele ti salutano, Signore!», dice Giovanni, che si è fatto largo ed è ora al fianco di Gesù, attirando la sua attenzione sulla ghirlanda di purezza che si sporge sorridendo dal parapetto a spargere la via di petali rossi come sangue e di mughetti bianchi come perle.

Gesù trattiene per un attimo le redini e arresta il puledro d’asina. Alza il volto e la mano a benedire quella verginità di Lui innamorata sino a rinunciare ad ogni altro amore terreno.

E Annalia si protende e grida: «Il tuo trionfo io l’ho visto, o mio Signore! Prendi la mia vita per la tua glorificazione universale!», e con un grido altissimo, mentre Gesù passa sotto la sua casa e procede, lo saluta: «Gesù!».

E un altro, diverso grido, supera il clamore delle turbe. Ma la gente, pur sentendolo, non si arresta. È un fiume di entusiasmo, un fiume di popolo in delirio che non può sostare. E mentre le ultime onde di questo fiume sono ancor fuori della porta, le prime onde già assalgono le salite che conducono al Tempio.

17«Tua Madre!», grida Pietro accennando ad una casa quasi all’angolo di una via che sale al Moria e per la quale si incanala il corteo. E Gesù alza il volto a sorridere a sua Madre, che è lassù fra le donne fedeli.

L’intoppo di una numerosa carovana arresta il corteo pochi metri dopo che la casa è superata. E mentre Gesù sosta con gli altri, carezzando i bambini che le madri gli porgono, accorre un uomo e si fa largo urlando: «Lasciatemi passare! Una donna è morta. Una fanciulla. All’improvviso. La madre invoca il Maestro. Lasciatemi passare! Egli già l’ha salvata una volta!».

La gente fa largo e l’uomo corre presso Gesù: «Maestro, la figlia di Elisa è morta. Ti ha salutato con quel grido, poi si è piegata indietro dicendo: “Io son felice” ed è spirata. Il suo cuore si è franto nel gran tripudio di vederti trionfante. Sua madre mi ha visto sulla terrazza accanto alla sua casa e mi ha mandato a chiamarti. Vieni, Maestro!».

«Morta! Morta Annalia! Ma se era sana, florida, felice solo ieri?». Gli apostoli si affollano agitati, i pastori pure. Tutti l’hanno vista ieri in perfetta salute. Poco fa l’hanno vista rosea, ridente… Non si capacitano della sciagura… Chiedono, domandano i particolari…

«Non so. Tutti avete sentito le sue parole. Parlava forte, sicura. Poi la vidi piegarsi indietro più bianca delle sue vesti e udii gridare la madre… Altro non so».

18«Non vi agitate. Non è morta. È caduto un fiore e gli angeli di Dio lo hanno raccolto per portarlo in seno ad Abramo. Presto il giglio della Terra si aprirà felice in Paradiso, ignorando per sempre l’orrore del mondo. Uomo, di’ ad Elisa che non pianga la sorte della sua creatura. Dille che essa ebbe una grande grazia da Dio e che fra sei giorni comprenderà qual grazia Dio fece alla figlia sua. Non piangete. Non pianga nessuno. Il suo trionfo è ancor più grande del mio, perché alla vergine fanno corteo gli angeli per condurla alla pace dei giusti. Ed è trionfo eterno che salirà di grado senza mai conoscere discesa. In verità vi dico che per voi tutti, ma non per Annalia, avete ragione di piangere. Andiamo». E ripete agli apostoli e a chi lo circonda: «È caduto un fiore. Si è adagiato in pace e gli angeli lo hanno raccolto. Beata la pura di carne e cuore perché presto vedrà Iddio».

«Ma come, di che è morta, Signore?», chiede Pietro che non si capacita.

«D’amore. D’estasi. Di gaudio infinito. Felice morte!».

Chi è molto avanti non sa, chi è molto indietro non sa. E perciò gli osanna continuano anche se qui, presso a Gesù, si è fatto un cerchio di pensoso silenzio.

È Giovanni che lo rompe: «Oh! vorrei la stessa sorte prima delle ore future!».

«Io pure», dice Isacco. «Vorrei vedere il volto della fanciulla morta d’amore per Te…».

«Vi prego di sacrificarmi il vostro desiderio. Ho bisogno della vostra vicinanza…».

«Non ti lasceremo, Signore. Ma a quella madre non un conforto?», chiede Natanaele.

«Provvederò ad esso…».

19Sono alle porte della cinta del Tempio. Gesù scende dall’asinello, che uno di Betfage prende in custodia.

Occorre tenere presente che Gesù non si è fermato alla prima porta del Tempio, ma ha costeggiato la cinta, fermandosi soltanto quando è sul lato nord della cinta, vicino all’Antonia. È là che scende ed entra nel Tempio, come per far vedere che non si nasconde al potere dominante, sentendosi innocente in ogni sua azione.

Il primo cortile del Tempio mostra la solita gazzarra di cambiavalute e venditori di colombe, passeri e agnelli, soltanto che ora i venditori sono lasciati in asso perché tutti sono accorsi a vedere Gesù. E Gesù entra, solenne nella sua veste purpurea, e gira lo sguardo su quel mercato e su un gruppo di farisei e scribi che lo osservano da sotto il portico.

Il suo volto sfolgora di sdegno. Balza al centro del cortile. Uno scatto improvviso che pare un volo. Il volo di una fiamma, ché di fiamma è la sua veste nel sole che inonda il cortile. E tuona con una voce potente: «Via dalla casa del Padre mio! Non è questo luogo di usura e di mercato. Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di orazione”. Perché dunque l’avete mutata in spelonca di ladroni, questa casa nella quale è invocato il Nome del Signore? Via! Mondate la mia Casa. Che non vi avvenga che, in luogo di usar le funi, Io vi colpisca con i fulmini dell’ira celeste. Via! Fuori di qui i ladri, i barattieri, gli impudichi, gli omicidi, i sacrileghi, gli idolatri della peggiore idolatria, quella del proprio io superbo, i corruttori e i menzogneri. Fuori! Fuori! O che Dio altissimo, Io ve lo dico, spazzerà per sempre questo luogo e farà le sue vendette su tutto un popolo».

Non ripete la fustigazione dell’altra volta, ma, visto che mercanti e cambiavalute stentano ad ubbidire, va al banco più vicino e lo ribalta spargendo bilance e monete al suolo. ((G Seconda cacciata dei mercanti dal tempio, come precisa anche Maria Valtorta quando dice: “Non ripete la fustigazione dell’altra volta”.))

I venditori e i cambiavalute si affrettano a porre in atto l’ordine di Gesù, dopo che hanno avuto questo primo esempio. E Gesù grida dietro a loro: «E quante volte dovrò dire che questo luogo non deve essere luogo d’immondezza ma di preghiera?». E guarda quelli del Tempio che, ubbidienti agli ordini ponteficali, non fanno un gesto di rappresaglia.

20Mondato il cortile, Gesù va verso i portici dove sono raccolti ciechi, paralitici, muti, storpi e altri malati, che lo invocano a gran voce.

«Che volete voi che Io vi faccia?».

«La vista, Signore! Le membra! Che mio figlio parli! Che mia moglie risani. Noi crediamo in Te, Figlio di Dio!».

«Dio vi ascolti. Sorgete e osannate al Signore!».

Non cura uno per uno i molti malati. Ma fa un gesto largo con la mano, e grazia e salute scende da essa sugli infelici, che sorgono sani con gridi di giubilo che si mescolano a quelli dei molti bambini, che si stringono a Lui ripetendo: «Gloria, gloria al figlio di Davide! Osanna a Gesù Nazareno, Re dei re e Signore dei signori!».

Dei farisei, con finta deferenza, gli gridano: «Maestro, li senti? Questi fanciulli dicono ciò che non va detto. Riprendili! Che tacciano!».

«E perché? Il re profeta, il re della mia stirpe, non ha forse detto: “Dalla bocca dei fanciulli e dei lattanti hai fatto sgorgare la lode perfetta, a confusione dei tuoi nemici”? Non avete letto queste parole del salmista? Lasciate che i pargoli dicano le mie lodi. Sono loro suggerite dai loro angeli, che vedono costantemente il Padre mio e ne sanno i segreti e li suggeriscono a questi innocenti. Ora lasciatemi tutti andare ad orare al Signore», e passando davanti alla gente passa nell’atrio degli Israeliti per pregare…

E poi, uscendo per un’altra porta, rasentando la piscina Probatica, esce dalla città tornando sui colli del monte Uliveto.

21Gli apostoli sono entusiasti… Il trionfo li ha fatti sicuri e dimentichi, completamente dimentichi di tutti i terrori che le parole del Maestro avevano suscitato… Parlano di tutto… Ardono di sapere di Annalia. A stento Gesù li trattiene dall’andare, assicurando che provvederà in modo che sa Lui… Sordi, sordi, sordi ad ogni voce d’avviso divino… Uomini, uomini, uomini, che un grido di osanna smemora da ogni cosa…

Gesù parla ai servi di Maria di Magdala, che lo hanno raggiunto al Tempio, e poi li licenzia…

«E ora dove andiamo?», chiede Filippo.

«A casa di Marco di Giona?[3]», dice Giovanni.

«No. Al campo dei Galilei. Forse saranno venuti i miei fratelli e vorrei salutarli», dice Gesù.

«Lo potrai fare domani», gli osserva il Taddeo.

«Buona cosa è fare mentre si può fare. Andiamo dai Galilei. Saranno contenti di vederci. Voi avrete notizie delle famiglie. Io vedrò i bambini…».

«E questa sera? Dove dormiremo? In città? In che luogo? Dove è tua Madre? O da Giovanna?», chiede Giuda Iscariota.

«Non so. Certo non in città. Forse ancora sotto qualche tenda Galilea..».

«Ma perché?».

«Perché sono il Galileo e amo la patria mia. Andiamo».

Si rimettono in cammino salendo verso il campo dei Galilei, che è sull’Uliveto verso Betania e che è tutto un biancheggiare di tende al lieto sole d’aprile.

[1] N.d.R. Maria Cleofe, cognata di Maria SS e moglie di Alfeo, fratello di S. Giuseppe. E’ la madre degli apostoli Giuda e Giacomo il Minore, nonché di Giuseppe e Simone. Spesso essi vengono erroneamente considerati i fratelli di Gesù (cosa questa assurda visto che Maria è sempre vergine in eterno) e Maria di Cleofa, sorella di Maria. Cosa anche questa impossibile perché Maria SS. era figlia erede di Gioacchino della casa di Davide e quindi figlia unica.

[2] N.d.R. Gesù si riferisce alla seconda cacciata dei profanatori del Tempio che avverrà infatti da lì a poche ore dalla visione del pianto di Gesù su Gerusalemme.

[3] N.d.R. Marco di Giona potrebbe essere quello che un giorno sarà Marco Evangelista, proprio l’autore del Vangelo di oggi. Marco era il figlio del guardiano della casetta e del frantoio del Getsemani. Fu presente alla vita di Gesù quando era a Gerusalemme e anche alla Sua Ascensione. Gesù infatti era spesso ospite di questa casa – che era in effetti di Lazzaro. La casetta del Getsemani fu poi data a Maria e Giovanni dopo l’ascensione di Gesù al Cielo e il frantoio fu spostato in altro uliveto