DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE (ALLA MESSA DEL GIORNO)

 

a cura di Giovanna Busolini

(Sottolineature, grassetti e note sono i miei. Immagini tratte dal WEB.)

LITURGIA DELLA DOMENICA E DELLE FESTE COMANDATE 2023/2024 – Google Drive

Prima lettura

Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

Atti degli Apostoli 10,34 a.37-43. 

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Salmo Responsoriale

Dal Sal 117 (118)

R. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre». R.

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore. R.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. R.

Seconda Lettura

Cercate le cose di lassù, dove è Cristo; oppure: togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.

Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 3,1-4. 

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!
Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,1-9. 

Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,  e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

Carissimi,

dopo tanto dolore per Gesù e Maria, ecco che finalmente arriva la gioia della Risurrezione! Arriva soprattutto e prima di tutto a Maria, quale giusto (sebbene non ancora ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa) premio per la Sua Fedeltà e la Sua Fede incrollabile e poi alla seconda grande Amatrice del Cristo, Maria Maddalena e di seguito alle Pie Donne.

Solo dieci Apostoli vedranno il Signore, per ultimi, nella sera tarda del primo giorno della settimana, che poi (dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo e la Pentecoste) diverrà la nostra domenica, secondo il volere di Pietro. Tommaso era assente perché non trovato fra i dispersi Apostoli. Prima lo vedranno Lazzaro, i Pastori, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, le donne romane e il Centurione, Mannaen (tutti quelli cioè che erano stati vicino a lui durante la Sua Passione). Giovanni (benché sotto la Croce anche Lui) lo vedrà per primo, ma assieme a tutti gli altri Apostoli.

Meditiamo queste visioni e ascoltiamo poi, come fossimo presenti davanti a Lui, come tanti piccoli scolari, le spiegazioni di Gesù riguardo alla Sua Risurrezione!

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato, [617.1-6], ed. CEV.

Nell’ortaglia è tutto silenzio e brillio di rugiade. Sopra di essa un cielo che si fa di uno zaffiro sempre più chiaro, dopo avere lasciato il suo blu-nero trapunto di stelle che per tutta la notte aveva vegliato sul mondo. L’alba respinge da oriente ad occidente queste zone ancora oscure come fa l’onda durante un’alta marea che sempre più avanza, coprendo il lido scuro e sostituendo il bigio nero dell’umida rena e della scogliera coll’azzurro dell’acqua marina.

Qualche stellina non vuole ancora morire e occhieggia sempre più debole sotto l’onda di luce bianco verdina dell’alba, di un latteo sfumato di bigio, come le fronde degli ulivi assonnati che fanno corona a quel poggio poco lontano. E poi naufraga sommersa dall’onda dell’alba, come una terra che l’acqua sormonta. E ce ne è una di meno… E poi ancora una di meno… e un’altra, e un’altra. Il cielo perde i suoi greggi di stelle e solo là, sull’estremo occidente, tre, poi due, poi una, restano a riguardare quel prodigio quotidiano che è l’aurora che sorge.

Ed ecco che, quando un filo di rosa mette una linea sulla sete turchese del cielo orientale, un sospiro di vento passa sulle fronde e sulle erbe, e dice: «Destatevi. Il giorno è risorto». Ma non sveglia che le fronde e le erbe, che rabbrividiscono sotto i loro diamanti di rugiada ed hanno un fruscio tenue, arpeggiato di gocce che cadono. Gli uccelli ancora non si destano fra i rami folti di un altissimo cipresso che pare domini come un signore nel suo regno, né nell’aggrovigliato intreccio di una siepe di allori che fa riparo al vento di tramontano.

2Le guardie annoiate, infreddolite, assonnate, in varie pose vegliano il Sepolcro, la cui porta di pietra è stata rinforzata, al suo orlo, da un grosso strato di calcina, come fosse un contrafforte, sul bianco opaco della quale spiccano i larghi rosoni di cera rossa, impressi con altri, direttamente nella calcina fresca, del sigillo del Tempio.

Le guardie devono avere acceso un fuochetto nella notte, perché vi è della cenere e dei tizzi mal bruciati al suolo, e devono avere giocato e mangiato, perché sono ancora sparsi resti di cibo e dei piccoli ossi puliti, certo usati per qualche giuoco, uso il nostro domino o il nostro fanciullesco giuoco delle biglie, giocati su una primitiva scacchiera tracciata sul sentiero. Poi si sono stancate ed hanno lasciato tutto in asso, cercando pose più o meno comode per dormire o per vegliare.

3Nel cielo, che ora ha, all’oriente, una plaga tutta rosata che sempre più si estende nel cielo sereno, dove per altro ancora non è raggio di sole, si affaccia, venendo da profondità sconosciute, una meteora splendentissima, che scende, palla di fuoco di insostenibile splendore, seguita da una scia rutilante, che forse non è altro che il ricordo del suo fulgore nella nostra retina. Scende velocissima verso la Terra, spargendo una luce così intensa, fantasmagorica, paurosa nella sua bellezza, che la luce rosata dell’aurora se ne annulla, superata da questa incandescenza bianca.

Le guardie alzano il capo stupite, anche perché, con la luce, viene un boato potente, armonico, solenne, che empie di sé tutto il Creato. Viene da profondità paradisiache. È l’alleluia, il gloria angelico, che segue lo Spirito del Cristo che torna nella sua Carne gloriosa.

La meteora si abbatte contro l’inutile serrame del Sepolcro, lo divelle, lo atterra, fulmina di terrore e di fragore le guardie messe a carcerieri del Padrone dell’Universo, dando, col suo tornare sulla Terra, un nuovo terremoto, come lo aveva dato quando dalla terra era fuggito questo Spirito del Signore. Entra nel buio Sepolcro, che si fa tutto chiaro della sua luce indescrivibile, e mentre questa permane sospesa nell’aria immobile, lo Spirito si rinfonde nel Corpo immoto sotto le funebri bende.

Tutto questo non in un minuto, ma in frazione di minuto, tanto l’apparire, lo scendere, il penetrare e scomparire della Luce di Dio è stato rapido…

4Il «Voglio» del divino Spirito alla sua fredda Carne non ha suono. Esso è detto dall’Essenza alla Materia immobile. Ma nessuna parola viene percepita da orecchio umano.

La Carne riceve il comando e ubbidisce ad esso con un fondo respiro… Null’altro per qualche minuto.

Sotto il sudario e la sindone la Carne gloriosa si ricompone in bellezza eterna, si desta dal sonno di morte, ritorna dal «niente» in cui era, vive dopo essere stata mortaCerto il cuore si desta e dà il primo battito, spinge nelle vene il gelato sangue superstite e subito ne crea la totale misura nelle arterie svuotate, nei polmoni immobili, nel cervello oscurato, e riporta calore, sanità, forza, pensiero.

Un altro attimo, ed ecco un moto repentino sotto la sindone pesante.  Così repentino che, dall’attimo in cui Egli certo muove le mani incrociate al momento in cui appare in piedi imponente, splendidissimo nella sua veste di immateriale materia, soprannaturalmente bello e maestoso, con una gravità che lo muta e lo eleva pur lasciandolo Lui, l’occhio fa appena in tempo ad afferrarne i trapassi. Ed ora lo ammira: così diverso da quanto la mente ricorda, ravviato, senza ferite né sangue, ma solo sfolgorante della luce che scaturisce a fiotti dalle cinque piaghe e si emana da ogni poro della sua epidermide.

5Quando muove il primo passo – e nel moto i raggi scaturenti dalle Mani e dai Piedi lo aureolano di lame di luce: dal Capo innimbato di un serto che è fatto dalle innumeri piccole ferite della corona che non dànno più sangue ma solo fulgore, all’orlo dell’abito quando, aprendo le braccia che ha incrociate sul petto, scopre la zona di luminosità vivissima che trapela dalla veste accendendola di un sole all’altezza del Cuore – allora realmente è la «Luce» che ha preso corpo.

Non la povera luce della Terra, non la povera luce degli astri, non la povera luce del sole. Ma la Luce di Dio: tutto il fulgore paradisiaco che si aduna in un solo Essere e gli dona i suoi azzurri inconcepibili per pupille, i suoi fuochi d’oro per capelli, i suoi candori angelici per veste e colorito, e tutto quello che è, di non descrivibile con parola umana, il sopraeminente ardore della Ss. Trinità, che annulla con la sua potenza ardente ogni fuoco del Paradiso, assorbendolo in Sé per generarlo nuovamente ad ogni attimo del Tempo eterno, Cuore del Cielo che attira e diffonde il suo sangue, le non numerabili stille del suo sangue incorporeo: i beati, gli angeli, tutto quanto è il Paradiso: l’amore di Dio, l’amore a Dio, tutto questo è la Luce che è, che forma il Cristo Risorto.

6Quando si sposta, venendo verso l’uscita, e l’occhio può vedere oltre il suo fulgore ecco che due luminosità bellissime[1], ma simili a stelle rispetto al sole, mi appaiono l’una di qua, l’altra di là della soglia, prostrate nell’adorazione al loro Dio, che passa avvolto nella sua luce, beatificante nel suo sorriso, ed esce, abbandonando la funebre grotta e tornando a calpestare la terra, che si desta di gioia e splende tutta nelle sue rugiade, nei colori delle erbe e dei roseti, nelle infinite corolle dei meli[2], che si aprono per un prodigio al primo sole che le bacia e al Sole eterno che sotto esse procede. Le guardie sono là, tramortite… Le forze corrotte dell’uomo non vedono Dio, mentre le forze pure dell’universo – i fiori, le erbe, gli uccelli – ammirano e venerano il Potente che passa in un nimbo di luce sua propria e in un nimbo di luce solare.

Immagine correlata

Il suo sorriso, lo sguardo che si posa sui fiori, sulle ramaglie, che si alza al cielo sereno, tutto aumenta in bellezza.

E più soffici e sfumati di un setoso rasare sono i milioni di petali che fanno una spuma fiorita sul capo del Vincitore. E più vividi sono i diamanti delle rugiade. E più azzurro è il cielo che specchia i suoi occhi fulgenti e festoso il sole che pennella di letizia una nuvoletta portata da un vento leggero, che viene a baciare il suo Re con fragranze rapite ai giardinieri e con carezze di petali setosi.

Gesù alza la Mano e benedice e poi, mentre più forte cantano gli uccelli e profuma il vento, mi scompare alla vista, lasciandomi in una letizia che cancella anche il più lieve ricordo di tristezze e sofferenze e titubanze sul domani…

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato, [618.1-6], ed. CEV.

1Maria ora è prostrata col volto a terra. Pare una povera cosa abbattuta. Pare quel fiore morto di sete di cui Ella ha parlato.

La finestra chiusa si apre con un impetuoso sbattimento delle pesanti imposte e, col raggio del primo sole, entra Gesù.

Maria, che s’è scossa al rumore e che alza il capo per vedere che vento abbia aperto le imposte, vede il suo raggiante Figlio: bello, infinitamente più bello di quando ancora non aveva patito, sorridente, vivo, luminoso più del sole, vestito di un bianco che par luce tessuta, e che si avanza verso di Lei.

Ella si raddrizza sui ginocchi e, congiungendo le mani sul petto, in croce, dice con un singhiozzo che è riso e pianto: «Signore, mio Dio». E resta così rapita nel contemplarlo col viso tutto lavato di lacrime ma fatto sereno, pacificato dal sorriso e dall’estasi.

2Ma Egli non la vuole vedere, la sua Mamma, in ginocchio come una serva. E la chiama, tendendole le mani dalle cui ferite escono raggi che fanno ancor più luminosa la sua Carne gloriosa: «Mamma!». Ma non è la parola accorata dei colloqui e degli addii avanti la Passione, né il lamento straziato dell’incontro sul Calvario e dell’agonia. È un grido di trionfo, di gioia, di liberazione, di festa, di amore, di gratitudine. E si curva sulla sua mamma, che non osa toccarlo, e le mette le sue Mani sotto i gomiti piegati, e la alza in piedi e la stringe al Cuore e la bacia.

Oh! Allora Maria comprende che non è una visione, che è il Figlio realmente risorto, che è il suo Gesù, il Figlio che l’ama da Figlio ancora. E con un grido gli si getta al collo e lo abbraccia e lo bacia, ridendo nel pianto. Lo bacia sulla Fronte dove non sono più ferite, sulla Testa non più spettinata e sanguinosa, sugli Occhi fulgidi, sulle Guance risanate, sulla Bocca non più enfiata. E poi gli prende le Mani e ne bacia il dorso e la palma, sulle raggianti ferite, e d’un subito si curva ai suoi Piedi e li scopre da sotto la veste splendente e li bacia.

3Poi si alza, lo guarda, non osa.

Ma Egli sorride e capisce. Socchiude la veste sul petto e dice: «E questa, Mamma, non la baci questa che t’ha fatto tanto male e che tu sola sei degna di baciare? Baciami sul Cuore, Mamma. Il tuo bacio mi leverà l’ultimo ricordo di tutto quanto è dolore, e mi darà quella gioia che ancora manca alla mia Gioia di Risorto».

E prende fra le sue Mani il volto della Madre e ne appoggia le labbra sulle labbra della ferita del Costato, da cui escono fiotti di luce vivissima. Il viso Maria è aureolato da quella luce, tuffato come è nel suo raggio.

Ella bacia, bacia, mentre Gesù la carezza. Non si stanca di baciare. Pare un assetato che abbia attaccato la bocca alla fonte e ne beva la vita che gli sfuggiva.

4Ora Gesù parla.

«Tutto è finito, Mamma. Ora non hai più da piangere per il tuo Figlio. La prova è compiuta. La Redenzione è avvenuta.

Mamma, grazie di avermi concepito, allevato, aiutato in vita e in morte.

Ho sentito venire a Me le tue preghiere. Esse sono state la mia forza nel dolore, le mie compagne nel mio viaggio sulla Terra ed oltre la Terra. Esse sono venute meco sulla Croce e nel Limbo.

Erano l’incenso che precedeva il Pontefice, che andava a chiamare i suoi servi per portarli nel tempio che non muore: nel mio cielo. Esse sono venute meco in Paradiso, precedendo come voce angelica il corteo dei redenti guidati dal Redentore, perché gli angeli fossero pronti a salutare il Vincitore che tornava al suo Regno. Esse sono state udite e viste dal Padre e dallo Spirito, che ne hanno sorriso come del fiore più bello e del canto più dolce nati in Paradiso. Esse sono state conosciute dai Patriarchi e dai nuovi Santi, dai nuovi, primi cittadini della mia Gerusalemme, ed Io ti porto il loro grazie, Mamma, insieme al bacio dei parenti e alla loro benedizione e a quella del tuo sposo d’anima, Giuseppe.

Tutto il cielo canta il suo osanna a te, Madre mia, Mamma santa! Un osanna che non muore, che non è bugiardo come quello dato a Me pochi giorni or sono.

5Ora Io vado al Padre con la mia veste umana. Il Paradiso deve vedere il Vincitore nella sua veste d’Uomo con cui ha vinto il Peccato dell’Uomo. Ma poi verrò ancora. Devo confermare nella Fede chi non crede ancora ed ha bisogno di credere per portare altri a credere, devo fortificare i pusilli che avranno bisogno di tanta fortezza per resistere al mondo.

Poi salirò al Cielo. Ma non ti lascerò sola.

Mamma, lo vedi quel velo?[3]Ho, nel mio annichilimento, sprigionato ancora potenza di miracolo per te, per darti quel conforto. Ma per te compio un altro miracolo. Tu mi avrai, nel Sacramento, reale come ero quando mi portavi.

Non sarai mai sola. In questi giorni lo sei stata. Ma alla mia Redenzione occorreva anche questo tuo dolore. Molto va continuamente aggiunto alla Redenzione, perché molto sarà continuamente creato di Peccato. Chiamerò tutti i miei servi a questa compartecipazione redentrice. Tu sei quella che da sola farai più di tutti i santi insieme. Perciò ci voleva anche questo lungo abbandono. Ora non più. Io non sono più diviso dal Padre. Tu non sarai più divisa dal Figlio. E, avendo il Figlio, hai la Trinità nostra. Cielo vivente, tu porterai sulla Terra la Trinità fra gli uomini e santificherai la Chiesa, tu, Regina del Sacerdozio e Madre dei Cristiani.

Poi Io verrò a prenderti. E non sarò più Io in te, ma tu in Me, nel mio Regno, a far più bello il Paradiso.

6Ora vado, Mamma. Vado a fare felice l’altra Maria. Poi salgo al Padre. Indi verrò a chi non crede.

Mamma. Il tuo bacio per benedizione. E la mia Pace a te per compagna. Addio».

E Gesù scompare nel sole che scende a fiotti dal cielo mattutino e sereno.

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato, [619.1-13],  Le Pie Donne al Sepolcro, ed. CEV.

1Le donne, intanto, uscite dalla casa camminano rasente al muro, ombre nell’ombra. Per qualche tempo tacciono, tutte imbacuccate e paurose di tanto silenzio e solitudine. Poi, rassicurandosi alla vista della calma assoluta che è in città, si riuniscono in gruppo e osano parlare.

«Saranno già aperte le porte?», chiede Susanna.

«Certo. Guarda là il primo ortolano che entra con le verdure. Va al mercato», risponde Salome.

«Ci diranno nulla?», chiede ancora Susanna.

«Chi?», domanda la Maddalena.

«I soldati, alla porta Giudiziaria. Di lì… entrano pochi ed escono meno ancora… Daremo sospetti…».

«E con ciò? Ci guarderanno. Vedranno cinque donne che vanno verso la campagna. Potremmo essere anche persone che, fatta la Pasqua, andiamo ai nostri paesi».

«Però… Per non dare nell’occhio a qualche malintenzionato, perché non usciamo da un’altra porta e poi giriamo rasente alle mura?…».

«Allungheremo la strada».

«Ma saremo più sicure. Prendiamo la porta dell’Acqua…».

«Oh! Salome! Se fossi in te, sceglierei la porta Orientale! Più lungo il giro dovresti fare! Occorre fare presto e tornare presto». È la Maddalena questa così recisa.

«Allora un’altra, ma non quella Giudiziaria. Sii buona…», pregano tutte.

«E va bene. 2Allora, posto che volete così, passiamo da Giovanna. Si è raccomandata di farglielo sapere. Se fossimo andate dirette, si poteva fare senza. Ma poiché volete fare un giro più lungo, passiamo da lei…».

«Oh! sì. Anche per le guardie messe là… Lei è nota e temuta…».

«Io direi di passare anche da Giuseppe d’Arimatea. È il padrone del luogo».

«Ma sì! Facciamo un corteo, adesso, per non dare nell’occhio! Oh! che pavida sorella che ho! Piuttosto, sai Marta? Facciamo così. Io vado avanti e guardo. Voi venite dietro con Giovanna. Mi metterò in mezzo alla via, se c’è del pericolo, e mi vedrete. E torneremo indietro. Ma vi assicuro che le guardie, davanti a questo – io ci ho pensato (e mostra una borsa piena di monete) – ci lasceranno fare tutto».

«Lo diremo anche a Giovanna. Hai ragione».

«Allora andate, che io vado».

«Vai sola, Maria? Io vengo con te», dice Marta timorosa per la sorella.

«No. Tu va’ con Maria d’Alfeo da Giovanna. Salome e Susanna ti aspetteranno presso la porta, dalla parte di fuori delle mura. E poi verrete per la via maestra tutte insieme. Addio». E Maria Maddalena tronca altri possibili commenti andandosene veloce con la sua borsa di balsami e le sue monete in seno.

Vola, tanto va lesta nella strada che si fa più lieta nel primo rosare dell’aurora. Passa la porta Giudiziaria per fare più presto. Né nessuno la ferma…

3Le altre la guardano andare, poi volgono le spalle alla biforcazione di vie dove erano e ne prendono un’altra, stretta e oscura, che poi si apre, in prossimità del Sisto, in una più vasta e aperta in cui sono belle case. Si dividono ancora, Salome e Susanna procedendo per la via, mentre Marta e Maria d’Alfeo bussano al portone ferrato e si mostrano al finestrino (spioncino) che il portinaio socchiude.

Entrano e vanno da Giovanna che, già alzata e tutta vestita di un viola scurissimo che la fa ancora più pallida, manipola anche essa degli oli insieme alla nutrice e ad una servente.

«Siete venute? Dio ve ne compensi. Ma, non foste venute, sarei andata da me… Per trovare conforto… Perché molte cose sono rimaste turbate dopo quel tremendo giorno. E per non sentirmi sola devo andare contro quella pietra e bussare e dire: “Maestro, sono la povera Giovanna… Non mi lasciare sola anche Tu…”».

Giovanna piange piano ma con molta desolazione, mentre Ester, la nutrice, fa dei grandi segni indecifrabili dietro le spalle della padrona, intanto che le mette il mantello.

«Io vado, Ester».

«Dio ti conforti!».

Escono dal palazzo per raggiungere le compagne. È in questo momento che avviene il breve e forte terremoto, che getta di nuovo nel panico i gerosolimitani, ancora terrorizzati dagli avvenimenti del Venerdì. Le tre donne tornano sui loro passi, precipitosamente, e nell’ampio vestibolo, fra le serve e i servi urlanti e invocanti il Signore, stanno paurose di nuove scosse…

4…La Maddalena, invece, è proprio al limitare del viottolo che porta all’orto dell’Arimatea quando la coglie il boato potente, e pure armonico, di questo segno celeste, mentre, nella luce appena rosata dell’aurora che si avanza nel cielo, dove ancora a occidente resiste una tenace stella, e che fa bionda l’aria fino allora verdolina, si accende una grande luce, che scende come fosse un globo incandescente, splendidissimo, tagliando a zig-zag l’aria quieta.

Maria di Magdala ne è quasi sfiorata e rovesciata al suolo. Si curva un momento mormorando: «Mio Signore!», e poi si raddrizza come uno stelo dopo il passar del vento e, ancora più ratta, corre verso l’ortaglia.

Vi entra veloce, andando, come un uccello inseguito e cercante il nido, verso il sepolcro di roccia. Ma, per quanto vada veloce, non può essere là quando la celeste meteora fa da leva e da fiamma sul sigillo di calcina messo a rinforzo del pesante pietrone, né quando con fragore finale la porta di pietra cade, dando uno scuotio che si unisce a quello del terremoto che, se è breve, è di una violenza tale che atterra le guardie come morte.

Maria, sopraggiungendo, vede questi inutili carcerieri del Trionfatore gettati al suolo come un fascio di spighe falciate. Maria Maddalena non riconnette il terremoto con la Risurrezione. Ma, vedendo quello spettacolo, crede che sia il castigo di Dio sui profanatori del Sepolcro di Gesù, e cade in ginocchio dicendo: «Ahimé! Lo hanno rapito!». È veramente desolata e piange come una bambina che sia venuta sicura di trovare il padre cercato e trovi invece vuota la dimora.

5Poi si alza e corre via per andare da Pietro e Giovanni. E, dato che più non pensa che ad avvisare i due, non ricorda di andare incontro alle compagne, di arrestarsi sulla via, ma veloce come una gazzella ripassa per la strada già fatta, supera la porta Giudiziaria e vola per le strade che sono un poco più animate, si abbatte contro il portone della casa ospitale e lo batte e lo scuote furiosamente.

Le apre la padrona. «Dove sono Giovanni e Pietro?», chiede affannosa Maria Maddalena.

«Là», e la donna indica il Cenacolo.

Maria di Magdala entra e, appena è dentro, davanti ai due stupiti, e nella voce tenuta bassa per pietà della Madre è più affanno che se avesse urlato, dice: «Hanno portato via il Signore dal Sepolcro! Chissà dove lo hanno messo!», e per la prima volta traballa e vacilla e, per non cadere, si afferra dove può.

«Ma come? Che dici?», chiedono i due.

E lei, con affanno: «Sono andata avanti… per comperare le guardie… perché ci lasciassero fare. Loro sono là come morte… Il Sepolcro è aperto, la pietra per terra… Chi? Chi sarà stato? Oh! venite! Corriamo…».

Pietro e Giovanni si avviano subito. Maria li segue per qualche passo. Poi torna indietro. Afferra la padrona di casa, la scrolla, violenta nel suo previdente amore, e le fischia in volto: «Guardati bene da far passare nessuno da Lei (e accenna la porta della stanza di Maria). Ricordati che io sono la tua padrona. Ubbidisci e taci». E poi la lascia esterrefatta e raggiunge gli apostoli, che a gran passi vanno verso il Sepolcro…

6…Susanna e Salome, intanto, lasciate le compagne e raggiunte le mura, vengono colte dal terremoto. Impaurite, si rifugiano sotto una pianta e stanno là, combattute fra la smania di andare verso il Sepolcro e quella di scappare presso Giovanna. Ma l’amore vince la paura e vanno verso il Sepolcro.

Entrano ancora sbigottite nell’ortaglia e vedono le guardie tramortite… vedono una grande luce uscire dal Sepolcro aperto. Si aumenta il loro sbigottimento e finisce di farsi completo quando, tenendosi per mano per farsi coraggio a vicenda, si affacciano sulla soglia e, nel buio della grotta sepolcrale, vedono una creatura luminosa e bellissima, dolcemente sorridente, salutarle dal posto dove sta: appoggiata a destra della pietra dell’unzione, che si annulla col suo grigio dietro a tanto incandescente splendore. Cadono a ginocchi, sbalordite di stupore.

Ma l’angelo dolcemente parla loro: «Non abbiate timore di me. Sono l’angelo del Divino Dolore. Sono venuto per bearmi della fine di esso. Più non è il dolore del Cristo, il suo avvilimento nella morte. Gesù di Nazaret, il Crocifisso che voi cercate, è risorto. Non è più qui! Vuoto è il posto dove era deposto. Giubilate con me. Andate. Dite a Pietro e ai discepoli che Egli è risorto e vi precede in Galilea. Là lo vedrete ancora per poco, secondo che ha detto».

Le donne cadono col volto a terra e quando lo alzano fuggono come fossero inseguite da un castigo. Sono terrorizzate e mormorano: «Ora morremo! Abbiamo visto l’angelo del Signore!».

Si calmano un poco in aperta campagna e si consigliano. Che fare? Se dicono ciò che hanno visto, non saranno credute. Se dicono anche di venire di là, possono essere accusate dai giudei di aver ucciso le guardie. No. Non possono dire nulla, né agli amici, né ai nemici…

Pavide, ammutolite, tornano da altra via verso casa. Entrano e si rifugiano nel Cenacolo. Neppure chiedono di vedere Maria… E là pensano che quanto hanno visto non sia che un inganno del Demonio. Umili come sono, giudicano che «non può essere che a loro sia stato concesso di vedere il messo di Dio. È Satana che le ha volute impaurire per allontanarle di là.

Piangono e pregano come due bambine impaurite da un incubo…

7…Il terzo gruppo, quello di Giovanna, Maria d’Alfeo e Marta, visto che nulla succede di nuovo, si decide ad andare là dove certo le compagne attendono. Escono nelle strade, dove ormai vi è gente impaurita, che commenta il nuovo terremoto e lo ricollega ai fatti del Venerdì e vede anche quello che non c’è.

«Meglio se sono tutti spauriti! Forse lo saranno anche le guardie e non faranno eccezioni», dice Maria d’Alfeo. E vanno svelte verso le mura.

8Ma, mentre loro vanno là, all’ortaglia sono già giunti Pietro e Giovanni, seguiti dalla Maddalena.

E Giovanni, più svelto, giunge per primo al Sepolcro. Le guardie non ci sono più. E più non c’è l’angelo.

Giovanni si inginocchia, timoroso e dolente, sulla soglia spalancata, e per venerare e per cogliere qualche indizio dalle cose che vede. Ma non vede che ammucchiati per terra i pannilini messi sopra la sindone. «Non c’è proprio, Simone! Maria ha visto bene. Vieni, entra, guarda».

Pietro, col fiato grosso per il gran correre fatto, entra nel Sepolcro. Aveva detto per via: «Io non oserò accostarmi a quel posto». Ma ora non pensa altro che a scoprire dove può essere il Maestro. E lo chiama anche, come Egli potesse essere nascosto in qualche angolo buio.

L’oscurità, in questa ora mattutina, è ancora forte nel profondo del Sepolcro, a cui dà luce solo la piccola apertura della porta su cui ora fanno ombra Giovanni e la Maddalena… E Pietro stenta a vedere, e deve aiutarsi con le mani a vedere… Tocca, e trema, il tavolo dell’unzione e lo sente vuoto…

«Non c’è, Giovanni! Non c’è!… Oh! vieni anche tu! Io ho tanto pianto che non ci vedo quasi in questa poca luce».

Giovanni si alza in piedi ed entra. E, mentre lo fa, Pietro scopre il sudario posto in un angolo, ben piegato e con dentro la sindone arrotolata con cura.

«Lo hanno proprio rapito. Le guardie erano non per noi, ma per fare questo… E noi l’abbiamo lasciato fare. Coll’andarcene lo abbiamo permesso!…».

«Oh! dove lo avranno messo?».

«Pietro! Pietro! Ora… è proprio finita!».[4]

I due discepoli sono annientati.

«Andiamo, donna. Tu lo dirai alla Madre…».

«Io non vengo via. Sto qui… Qualcuno verrà… Oh! io non vengo… Qui c’è ancora qualcosa di Lui. Aveva ragione la Madre… Respirare l’aria dove Egli fu è l’unico sollievo che ci resta».

«L’unico sollievo… Ora lo vedi tu pure che era fola sperare…», dice Pietro.

Maria neppure risponde. Si accascia al suolo, proprio presso la porta, e piange, mentre gli altri vanno via lentamente.

9Poi alza il capo e guarda dentro, e fra le lacrime vede due angeli seduti a capo e a piedi della pietra dell’unzione. È tanto intontita la povera Maria, nella sua più fiera battaglia fra la speranza che muore e la fede che non vuole morire, che li guarda inebetita, senza neppure stupirsene. Non ha più altro che lacrime la forte che a tutto ha resistito da eroina.

«Perché piangi, donna?», chiede uno dei due luminosi fanciulli, perché di adolescenti bellissimi hanno l’aspetto.

«Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove me lo hanno messo».

Maria non ha paura a parlare con loro, ma chiede: «Chi siete?». Nulla. Nulla più le fa stupore. Tutto quanto può stupire una creatura ella lo ha già subito. Ora non è che una cosa spezzata che piange senza vigore e ritegno.

Il giovinetto angelico guarda il compagno e sorride. E l’altro pure. E in un balenare di letizia angelica ambedue guardano fuori, verso l’ortaglia tutta in fiore per i milioni di corolle che si sono aperte al primo sole sui meli fitti del pometo.

10Maria si volta per vedere chi guardano. E vede un Uomo, bellissimo, che non so come non possa riconoscere subito. Un Uomo che la guarda con pietà e le chiede: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». È vero che è un Gesù offuscato dalla sua pietà verso la creatura, che le troppe emozioni hanno sfinita e che potrebbe morire per improvvisa gioia, ma proprio mi chiedo come possa non riconoscerlo.

E Maria fra i singhiozzi: «Mi hanno preso il Signore Gesù! Ero venuta per imbalsamarlo in attesa che sorgesse… Ho tenuto raccolto tutto il mio coraggio e la mia speranza e la mia fede intorno al mio amore… e ora non lo trovo più… Anzi ho messo il mio amore intorno alla fede, alla speranza e al coraggio, per difendere questi dagli uomini… Ma è tutto inutile! Gli uomini hanno rubato il mio Amore e con esso tutto mi hanno levato… O mio signore, se sei tu che lo hai portato via, dimmi dove lo hai messo. Ed io lo prenderò… Non lo dirò a nessuno… Sarà un segreto fra me e te. Guarda: sono la figlia di Teofilo, la sorella di Lazzaro, ma ti sto in ginocchio davanti a supplicarti, come una schiava. Vuoi che ti compri il suo Corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. Posso darti tant’oro e gemme per quanto esso pesa. Ma rendimelo. Non ti denuncerò. Vuoi percuotermi? Fallo. A sangue, se vuoi. Se hai un odio per Lui, fallo scontare a me. Ma rendimelo. Oh! non mi fare povera di questa miseria, o mio signore! Pietà di una povera donna!… Per me non vuoi? Per sua Madre, allora. Dimmi! Dimmi dove è il mio Signore Gesù. Sono forte. Lo prenderò fra le braccia e lo porterò come un bambino in salvo. Signore… signore… tu lo vedi… da tre giorni siamo percossi dall’ira di Dio per quello che fu fatto al Figlio di Dio… Non aggiungere Profanazione a Delitto…».

«Maria!».

Gesù sfavilla nel chiamarla. Si svela nel suo fulgore trionfante.

Maria Maddalena parla di Gesù risorto dopo il primo colpo di ...

«Rabboni!». Il grido di Maria è veramente “il grande grido” che chiude il ciclo della morte. Col primo le tenebre dell’odio fasciarono la Vittima di bende funebri, col secondo le luci dell’amore aumentarono il suo splendore. E Maria si alza nel grido che empie l’ortaglia, corre ai piedi di Gesù, li vorrebbe baciare.

Gesù la scosta toccandola appena col sommo delle dita presso la fronte: «Non mi toccare![5] Non sono ancora salito al Padre mio con questa veste. Va’ dai miei fratelli e amici, e di’ loro che Io salgo al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. E poi verrò da loro».

E Gesù scompare, assorbito da una luce insostenibile.

11Maria bacia il suolo dove Egli era e corre verso casa. Entra come un razzo, perché il portone è socchiuso per dare passaggio al padrone che esce per andare alla fonte; apre la porta della stanza di Maria e le si abbandona sul cuore gridando: «È risorto! È risorto!», e piange beata.

E mentre accorrono Pietro e Giovanni, e dal Cenacolo avanzano spaurite Salome e Susanna e ascoltano il suo racconto, ecco entrare anche, dalla via, Maria d’Alfeo con Marta e Giovanna, che a fiato mozzo dicono di «essere anche loro state là e di avere visto due angeli che si dicevano il Custode dell’Uomo Dio e l’angelo del suo Dolore, e che hanno dato loro l’ordine di dire ai discepoli che Egli era risorto». E poiché Pietro scrolla il capo, insistono dicendo: «Sì. Hanno detto: “Perché cercate il Vivente fra i morti? Egli non è qui. È risorto, come disse quando ancora era in Galilea. Non ricordate? Disse: ‘Il Figlio dell’uomo deve essere dato nelle mani dei peccatori ed essere crocifisso. Ma il terzo giorno risusciterà?”».

Pietro scrolla il capo dicendo: «Troppe cose in questi giorni! Ne siete rimaste turbate».

La Maddalena alza il capo dal petto di Maria e dice: «L’ho visto! Gli ho parlato. Mi ha detto che sale al Padre e poi viene. Come era bello!», e piange come non ha mai pianto, ora che non ha più da torturare se stessa per fare forza contro il dubbio sorgente da ogni lato.

Ma Pietro, e anche Giovanni, restano molto dubbiosi. Si guardano, ma il loro occhio dice: «Immaginazione di donne!».

Anche Susanna e Salome osano allora parlare. Ma la stessa inevitabile diversità nei particolari delle guardie che prima ci sono come morte e poi non ci sono, degli angeli che ora sono uno e ora due e che agli apostoli non si sono mostrati, delle due versioni sul venire qui di Gesù o sul precedere i suoi in Galilea, fa sì che il dubbio e, anzi, la persuasione degli apostoli cresca sempre più.

12Maria, la Madre beata, tace sorreggendo la Maddalena… Non comprendo il mistero di questo silenzio materno.

Maria d’Alfeo dice a Salome: «Torniamo là noi due. Vediamo se siamo tutte ebbre…». E corrono fuori.

Le altre restano, pacatamente derise dai due apostoli, presso Maria che tace, assorta in un pensiero che tutti interpretano a modo loro, e nessuno comprende che è in estasi.

Tornano le due attempate donne: «È vero! È vero! Noi lo abbiamo visto. Ci ha detto, presso l’orto di Barnaba: “La pace a voi. Non temete. Andate a dire ai miei fratelli che sono risorto e che vadano fra qualche giorno in Galilea. Là staremo ancora insieme”. Così ha detto. Maria ha ragione. Bisogna dirlo a quelli di Betania, a Giuseppe, a Nicodemo, ai discepoli più fidi, ai pastori, andare, fare, fare… Oh! è risorto!…», piangono tutte beate.

«Folli siete, donne. Il dolore vi ha turbate. La luce vi è parsa un angelo. Il vento voce. Il sole il Cristo. Io non vi critico. Vi capisco, ma non posso che credere che a ciò che io ho visto: il Sepolcro aperto e vuoto, e le guardie fuggite col Cadavere involato».

«Ma se lo dicono le guardie stesse che è risorto! Se la città è in subbuglio e i principi dei Sacerdoti sono folli d’ira, perché le guardie hanno parlato fuggendo esterrefatte! Ora vogliono che dicano diverso e le pagano perciò. Ma già si sa. E se i giudei non credono alla Risurrezione, non vogliono credere, molti altri credono…».

«Uhm! Le donne!…».

Pietro alza le spalle e fa per andarsene.

13Allora la Madre, che ha sempre sul cuore la Maddalena che piange come un salice sotto un’acquata per la sua troppo grande gioia e che la bacia sui capelli biondi, alza il viso trasfigurato e dice una breve frase: «È realmente risorto. Io l’ho avuto fra le braccia e ne ho baciato le Piaghe». E poi si curva sui capelli dell’appassionata e dice: «Sì, la gioia è ancora più forte del dolore. Ma non è che una briciola di rena di quello che sarà il tuo oceano di gioia eterna. Te beata che sopra la ragione hai fatto parlare lo spirito».

Pietro non osa più negare… e con uno di quei trapassi del Pietro antico, che ora ritorna ad affiorare, dice, e urla, come se dagli altri e non da lui dipendesse il ritardo: «Ma allora, se è così, bisogna farlo sapere agli altri. A quelli dispersi per le campagne… cercare… fare… Su, muovetevi. Se dovesse proprio venire… che ci trovi almeno», e non si accorge che ancora confessa di non credere ciecamente alla sua Risurrezione.

Maria Valtorta: L’Evangelo come mi è stato rivelato, Considerazioni sulla Risurrezione, [620.1-8], ed. CEV.

1Dice Gesù:

«Le preghiere ardenti di Maria hanno anticipato di qualche tempo la mia Risurrezione.

Io avevo detto: “Il Figlio dell’uomo sta per essere ucciso, ma il terzo giorno risorgerà”. Ero morto alle tre del pomeriggio di venerdì. Sia che calcoliate i giorni come nome, sia li calcoliate come ore, non era l’alba domenicale quella che doveva vedermi sorgere. Come ore, erano unicamente trentotto ore invece di settantadue quelle che il mio Corpo era rimasto senza vita. Come giorni, doveva almeno giungere la sera di questo terzo giorno per dire che ero stato tre giorni nella tomba.

Ma Maria ha anticipato il miracolo. Come quando col suo orare schiuse i Cieli con anticipo di qualche anno sull’epoca prefissa, per dare al mondo la sua Salvezza, così ora Ella ottiene l’anticipo di qualche ora per dar conforto al suo cuore morente.

2Ed Io, alla prima alba del terzo giorno, sono sceso come sole che scende e del mio fulgore ho sciolto i sigilli umani così inutili davanti alla potenza di un Dio, della mia forza ho fatto leva per ribaltare l’inutilmente vegliata pietra, del mio apparire ho fatto folgore che ha atterrato le tre volte inutili guardie messe a custodia di una Morte che era Vita, che nessuna forza umana poteva impedire d’esser tale.

Ben più potente della vostra corrente elettrica, il mio Spirito è entrato come spada di Fuoco divino a riscaldare le fredde spoglie del mio Cadavere, e al nuovo Adamo lo Spirito di Dio ha alitato la vita, dicendo a Se stesso: “Vivi. Lo voglio”.

Io che avevo risuscitato i morti quando non ero che il Figlio dell’uomo, la Vittima designata a portare le colpe del mondo, non dovevo potere risuscitare Me stesso ora che ero il Figlio di Dio, il Primo e l’Ultimo, il Vivente eterno, Colui che ha nelle sue mani le chiavi della Vita e della Morte? Ed il mio Cadavere ha sentito la Vita tornare in Lui.

Guarda: come uomo che si sveglia dopo il sonno dato da una enorme fatica, Io ho un profondo respiro.Né ancora apro gli occhi. Il sangue torna a circolare nelle vene poco rapido ancora, riporta il pensiero alla mente. Ma vengo da tanto lontano! Guarda: come uomo ferito che una potenza miracolosa risana, il sangue torna nelle vene vuote, empie il Cuore, scalda le membra, le ferite si rimarginano, spariscono lividi e piaghe, la forza torna. Ma ero tanto ferito! Ecco, la Forza opera. Io sono guarito. Io sono svegliato. Io sono ritornato alla Vita. Fui morto. Ora vivo! Ora sorgo!

Scuoto i lini di morte[6], getto l’involucro degli unguenti. Non ho bisogno di essi per apparire Bellezza eterna, eterna Integrità. Io mi rivesto di veste che non è di questa Terra, ma tessuta da Colui che mi è Padre e che tesse la seta dei gigli verginali. Sono vestito di splendore. Mi orno delle mie Piaghe che non gemono più sangue ma sprigionano luce. Quella luce che sarà la gioia di mio Madre e dei beati e il terrore, la vista insostenibile dei maledetti e dei demoni sulla Terra e nell’ultimo giorno.

3L’angelo della mia vita d’uomo e l’angelo del mio dolore sono prostrati davanti a Me e adorano la mia Gloria. Ci sono tutti e due i miei angeli. L’uno per bearsi della vista del suo Custodito, che ora non ha più bisogno d’angelica difesa. L’altro, che ha visto le mie lacrime, per vedere il mio sorriso; che ha visto la battaglia, per vedere la mia vittoria; che ha visto il mio dolore, per vedere la mia gioia.

4Ed esco nell’ortaglia piena di bocci di fiori e di rugiada. E i meli aprono le corolle per fare arco fiorito sul mio capo di Re, e le erbe fanno tappeto di gemme e di corolle al mio piede che torna a calpestare la Terra redenta dopo esser stato innalzato su essa per redimerla. E mi saluta il primo sole, e il vento dolce d’aprile, e la lieve nuvola che passa, rosea come guancia di bambino, e gli uccelli fra le fronde. Sono il loro Dio. Mi adorano.

Passo fra le guardie tramortite, simbolo delle anime in colpa mortale che non sentono il passaggio di Dio.

È Pasqua, Maria! Questo è bene il “Passaggio dell’Angelo di Dio”! Il suo Passaggio da morte a vita. Il suo Passaggio per dare Vita ai credenti nel suo Nome. È Pasqua! È la Pace che passa nel mondo. La Pace non più velata dalla condizione di uomo. Ma libera, completa nella sua tornata efficienza di Dio.

5E vado dalla Madre. È ben giusto che ci vada. Lo è stato per i miei angeli. Ben di più lo è per quella che, oltre che mia custode e conforto, mi è stata datrice di vita. Prima ancora di tornare al Padre nella mia veste d’Uomo glorificata, vado dalla Madre. Vado nel fulgore della mia veste paradisiaca e delle mie Gemme vive. Ella mi può toccare, Ella le può baciare, perché Ella è la Pura, la Bella, l’Amata, la Benedetta, la Santa di Dio.

Il nuovo Adamo va all’Eva nuova. Il male è entrato nel mondo per la donna, e dalla Donna fu vinto. Il Frutto della Donna ha disintossicato gli uomini dalla bava di Lucifero. Ora, se essi vogliono, possono esser salvi. Ha salvato la donna rimasta così fragile dopo la ferita mortale.

6E dopo che alla Pura, alla quale per diritto di santità e di maternità è giusto vada il Figlio-Dio, mi presento alla donna redenta, alla capostipite, alla rappresentante di tutte le creature femminee che sono venuto a liberare dal morso della lussuria. Perché dica ad esse che si accostino a Me per guarire, che abbiano fede in Me, che credano nella mia Misericordia che comprende e perdona, che per vincere Satana, che fruga loro le carni, guardino la mia Carne ornata dalla cinque ferite.

Non mi faccio toccare da lei. Ella non è la Pura che può toccare, senza contaminarlo, il Figlio che torna al Padre. Molto ha ancora da purificare con la penitenza. Ma il suo amore merita questo premio. Ella ha saputo risorgere per sua volontà dal sepolcro del suo vizio, strozzare Satana che la teneva, sfidare il mondo per amore del suo Salvatore, ha saputo spogliarsi di tutto che non fosse amore, ha saputo non essere più che amore che si consuma per il suo Dio. E Dio la chiama: “Maria”. Odila rispondere: “Rabboni!”. Vi è il suo cuore in quel grido.

A lei, che l’ha meritato, do l’incarico di esser messaggera della Risurrezione. E ancora una volta sarà un poco schernita come avesse vaneggiato. Ma non le importa nulla, a Maria di Magdala, a Maria di Gesù, del giudizio degli uomini. Mi ha visto risorto, e ciò le dà una gioia che attutisce ogni altro sentimento.

Vedi come amo anche chi fu colpevole, ma volle uscire dalla colpa? Neppure a Giovanni Io mi mostro per primo. Ma alla Maddalena. Giovanni aveva già avuto il grado di figlio da Me. Lo poteva avere perché era puro e poteva essere figlio non solo spirituale, ma anche dante e ricevente, alla e dalla Pura di Dio, quei bisogni e quelle cure che sono connesse alla carne.

Maddalena, la risorta alla Grazia, ha la prima visione della Grazia Risorta.

7Quando mi amate sino a vincere tutto per Me, Io vi prendo il capo ed il cuore malato fra le mie mani trafitte e vi alito in volto il mio Potere. E vi salvo, vi salvo, figli che amo. Voi tornate belli, sani, liberi, felici. Voi tornate i figli cari del Signore. Faccio di voi i portatori della mia Bontà fra i poveri uomini, coloro che testimoniate della mia Bontà ad essi per farli persuasi di essa e di Me.

Abbiate, abbiate, abbiate fede in Me. Abbiate amore. Non temete. Vi faccia sicuri del Cuore del vostro Dio tutto quanto ho patito per salvarvi.

8E tu, piccolo Giovanni, sorridi dopo aver pianto. Il tuo Gesù non soffre più. Non ci sono più né sangue né ferite. Ma luce, luce, luce e gioia e gloria. La mia luce e la mia gioia siano in te sinché verrà l’ora del Cielo».


[1] N.d.R. Trattasi dell’arcangelo Gabriele (l’Angelo Confortatore del Getsemani) e l’angelo custode di Gesù Uomo-Dio.

[2] N.d.R. Vicino alla tomba vi ero un meleto che stranamente non aveva ancora aperto i suoi fiori, contrariamente a tutti gli altri meli, fioriti da tempo.

[3] N.d.R. Il Velo di Niche (ora chiamato “Veronica”), che era ancora nella stanza dove era rimasta Maria SS. in attesa della Risurrezione.

[4] N.d.R. Questa frase pronunciata da Giovanni ci aveva fatto pensare che in realtà Giovanni non avesse creduto alla Risurrezione di Gesù,  ma tempo dopo, ho ritrovato un dettato di Gesù che fa un elogio sull’umiltà di Giovanni e rivela che questa frase fu detta solo per non offendere Pietro che non aveva capito nulla e che essendo il Pontefice non poteva essere da lui offeso con una smentita.

[5] N.d.R. “Noli Me tangere!”

[6] N.d.R. I panni-lini con i quali era stata fatta aderire provvisoriamente la Sindone al Corpo.

 

Risultati immagini per buona pasqua gif animate